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Furyo

Regia di Nagisa Oshima vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Furyo

di sasso67
8 stelle

Uno guarda un film di più di vent'anni fa e di chi è la prima facciona che compare sullo schermo? È proprio di Takeshi Kitano, quello "Hana-Bi" e "Dolls". È lui il sergente Hara che apre e chiude questo bellissimo film di Nagisa Oshima, nel quale sono messi a confronto il senso dell'onore proprio dei giapponesi, rappresentato dall'inflessibile capitano Yonoi, e quello degli europei, impersonato, prima che dall'umano tenente colonnello Lawrence e dall'ambiguo maggiore Celliers, dal colonnello Hicksley. E con il suo sguardo bonario, proprio Lawrence sembra rappresentare il punto di vista del narratore, e sembra voler dire al militare giapponese che comanda il campo di prigionia "è a causa del vostro ottuso senso dell'onore che perderete la guerra".
Ma il film è molto di più che questo, perché a sconvolgere questo franco confronto di tradizioni antropologiche oltre che militari, interviene il personaggio interpretato da David Bowie, attore tutt'altro che trascendentale, ma sufficientemente ambiguo (e chi meglio di lui?) per sconvolgere la mente del capitano Yonoi, tanto che l'attendente di quest'ultimo, capita l'antifona, cerca di uccidere il nuovo arrivato. Argutamente Tullio Kezich ha definito "Furyo" «l'incrocio di "Querelle" con "Il ponte sul fiume Kwai"», per la commistione delle ormai arcinote traversie dei prigionieri britannici nei campi giapponesi e l'attrazione in parte omosessuale e in parte servo/padrone che si sviluppa tra Yonoi e Celliers (stupenda la scena del bacio del prigioniero britannico al comandante nipponico). E se il flashback che ricostruisce un fatto del passato del maggiore c'entra più o meno come i cavoli a merenda, anche se serve a mostrare come anche le più nobili istituzioni occidentali (gli austeri colleges inglesi) nascondono rituali sadici che somigliano da vicino alle crudeltà dei campi di prigionia, è ancora il faccione di Kitano a chiudere il film in maniera davvero commovente, augurando quel «Buon Natale. mister Lawrence!» che resta nella mente.

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