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Il pianeta del tesoro

Regia di Ron Clements, John Musker vedi scheda film

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La recensione su Il pianeta del tesoro

di Aguirre
6 stelle

Se Walt Disney fosse ancora vivo, probabilmente la più famosa casa produttrice di cartoni animati al mondo non avrebbe sfornato questo film. E, credetemi, non lo dico tanto per il modo con cui è stato realizzato, ovvero quasi interamente con la computer grafica, quanto per l’intreccio e l’interpretazione che del notissimo romanzo di Stevenson viene offerta.
Senza dimenticare peraltro che “L’isola del tesoro” era stato già adattato per il cinema molti anni fa proprio dalla Disney: questo ad ulteriore riprova che laggiù negli USA hanno ormai dato fuoco a tutte le polveri e a forza di raschiare il fondo del barile le idee nuove se le sono bruciate tutte da parecchio tempo.
L’unico aspetto che ho apprezzato, ma che forse non a tutti piacerà, è l’aver creato un universo parallelo e del tutto fantastico, più simile ad un oceano che allo spazio tradizionale, nel quale le astronavi sono dei velieri settecenteschi che navigano grazie alle vele solari, le isole sono i pianeti e invece delle tempeste si incontrano le stelle esplodono in supernove e magari buchi neri.
Tuttavia la storia è sempre quella trita e ritrita del ragazzo ribelle apparentemente sfigato che grazie alla sua tenacia riuscirà a riscattarsi e a scoprire i veli valori della vita quali in primis l’amicizia. Il tutto con un colorito corollario di personaggi già visti: c’è quello che deve far ridere per forza (il vecchio scienziato), la bestiolina simpatica e carina (Morph), il robot sciroccato stile “Guerre Stellari”, il cattivo che si riscatta grazie all’affetto per il ragazzo, e così via. Oltre, e non potevano mancare in un film che ha a che fare con lo spazio, ai soliti extraterrestri stranissimi sulla falsariga di quelli che Luke Skywalker incontra con Obi-Wan-Kenobi nel bar su Tatooine.
Ah, come sono lontani i tempi di Bambi, Dumbo, Biancaneve, e tanti altri capolavori disneyani! Con quei disegni perfetti e particolareggiatissimi, con quello studio maniacale dei movimenti delle figure, con quelle storie veramente coinvolgenti e non per forza alla moda! Probabilmente non è cambiata solo la Disney, ma tutto il mondo dei cartoni animati: d’altra parte, quando a prevalere è il marketing, invece della passione, questi sono i risultati.
**

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