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Frailty. Nessuno è al sicuro

Regia di Bill Paxton vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Frailty. Nessuno è al sicuro

di arkin
8 stelle

Ottimo esordio alla regia dell'attore Bill Paxton, che avrebbe dovuto persistere nei suoi tentativi come autore(anche "Il più bel gioco della mia vita" era un'opera di buon livello). Frailty è un piccolo gioiello horror/thriller costruito su una sceneggiatura di Brent Hanley che si dipana su numerosi livelli, ed è suscettibile di intepretazioni tanto diverse, quanto tutte egualmente inquietanti.

E' infatti impossibile, anche alla luce del bel finale, proporre una soluzione univoca alla vicenda di Adam e Fenton, e della loro odissea all'inferno con un padre deciso a trascinarli nella sua personale crociata contro i demoni. Per volere-dice di Dio.

Possiamo credere al personaggio di Paxton, e scivolare con lui in una vicenda biblica di visioni, segni divini, tradimenti familiari e prove di fede terribili. Possiamo credere a Fenton(anche se la sua "voce" non è propriamente genuina) e ritenere che sia tutto il frutto della mente paranoica e schizofrenica di un uomo alla deriva, che ha portato alla pazzia anche i suoi figli. O possiamo credere ad Adam, ma anche in questo caso la soluzione non è così semplice, perché basata sulle sue percezioni soggettive. Quelle di un pazzo, o di un uomo con una sacra missione?

E' in questa ambiguità squisita ed irrisolvibile che risiede la grandezza di una sceneggiatura che, forse a causa del genere a cui appartiene, non è stata premiata o valutata come avrebbe meritato, ma che possiede una sottigliezza geniale. In "Frailty", il modo in cui lo spettatore è portato a confondersi e cambiare percezione, attraverso dialoghi e modificazioni del punto di vista narrativo, possiede la leggerezza che solo le grandi opere possiedono. Nasconde la complessità in un involucro semplice. In una trama scorrevole e priva di artifizi intellettuali. Risultato che, senza un controllo virtuoso della narrazione, è davvero difficile da ottenere.

E per tutto il film, lo spettatore è intrappolato nel gioco terribile e affascinante di Hanley, e se per un secondo crede di poter tirare un sospiro di sollievo quando pensa che il finale risponda alle sue numerose domande, è poi costretto a ricredersi. A riflettere su chi sia la voce narrante della storia, e quanto questa voce assomigli a quella padre( folle od eroico) che ha descritto fino a quel momento. Terribile, in questo senso, ogni ipotesi. Una crociata di pochi eletti contro il male, diretta da un dio tanto crudele da costringere all'omicidio e all'odio familiare; che trasforma uomini in piccoli giustizieri ossessionati da missioni di sangue non è migliore del pensiero che uomini normali possano impazzire e produrre mondi fantastici ed allucinazioni di tale portata da spazzare via ogni contatto col reale, persino per quanti gli stanno intorno. E alla luce di questo, ogni personaggio assume ora l'aspetto di vittima, ora quello di carnefice. Di eroe maledetto e disperato, o di folle senza speranza. Intrappolati in ogni caso, qualunque soluzione si creda, da un destino a cui non possono scappare: Paxton sano di mente è lo strumento di un dio che non dà scelte. Paxton folle è prigioniero della propria pazzia(infatti, qualunque persona contraddica un uomo convinto che ci siano demoni intorno a lui, finirà sempre e solo per essere vista come un demone, rafforzando il pensiero iniziale).

Una scatola ad incastro di piani di percezione incredibile. Raffinata, ma umana. Angosciante, ma di un'angoscia che si insinua nel mondo comune di tutti i giorni. Dove perdersi è un'esperienza affascinante, e la mancanza di soluzioni, per una volta, più un punto di forza che una debolezza.

Ben girato, visionario, intimamente inquietante, allucinato e letterario. La dimostrazione che la solidità di una storia è la base per costruire un film  potente, in cui regia e attori possano davvero brillare.

Ottimo cast: Bill Paxton recita in modo umano e partecipato, e i due piccoli attori sorprendono, soprattutto Matthew O'Leary(Fenton), più bravo di molto colleghi adulti.

In quanto a Matthew McConaughey, permettetemi un secondo di svestire i miei panni da critico improvvisato, e gongolare un "ve l'avevo detto" compiaciuto. Dopo oltre dieci anni passati a ripetere che fosse un attore che aveva datto troppi segni di bravura(anche se, ve lo concedo, anche segni di scarso gusto e ruoli anonimi) per non avere talento, mentre critica e pubblico lo distruggevano all'unisono, finalmente arrivano "Killer Joe", "True Detective", e...un oscar. Per cui, permettemi ancora una volta..."Ve l'avevo detto".

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