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Dolls

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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La recensione su Dolls

di luisasalvi
10 stelle

Il film è incorniciato, in una lunga apertura e una breve chiusura, da immagini di uno spettacolo di marionette (le "bambole" del titolo) del bunraku, da un testo di Chikamatsu Monzaemon (lo "Shakespeare giapponese"), "Meido no Hikyaku" ("I Messi dell'Inferno"), in cui il cortigiano Umegawa implora l'amante Chubei di smettere di compiere una follia per amor suo, poi decidono di scappare insieme e si trascinano nella neve, a fatica, l'uno aggrappato all'altra. Le immagini torneranno più chiare in inserti nella vicenda dei due protagonisti del film, che la ripetono: Matsumoto, modesto giovane impiegato, felicemente fidanzato con Sawako e in procinto di sposarsi (senza soldi), piace alla figlia del capo e accetta di sposarla per le insistenze dei genitori che vedono in questo matrimonio la soluzione ai loro problemi economici e il successo del figlio. Ma subito prima della cerimonia Matsumoto riceve la notizia che Sawako ha  tentato di uccidersi, è stata salvata ma ha perso la ragione. Corre da lei, la porta via e vagheranno insieme, legati da un filo rosso (lo stesso che li legava già prima, quando si erano felicemente fidanzati), soprattutto nel parco dove vengono scandite le stagioni fino all'inverno, nel freddo e nella neve in cui scivoleranno per finire appesi a un ramo su un precipizio, proprio quando lei incomincia vagamente a dar segni di riconoscerlo.

Anche Hiro, vecchio e potente yakuza, ricorda che da giovane, povero, aveva rinunciato alla donna amata con cui pranzava nel parco ogni sabato, per intraprendere la carriera del yakuza; ora si trova solo e triste, e torna al parco, dove la donna continua da decenni a venire ogni sabato, con il pranzo per due, come gli aveva promesso allora; lei non lo riconosce, ma, visto che il suo fidanzato non arriva, offre a lui il pranzo. Diventa una abitudine che poco per volta consola e riempie la vita della donna. Ma un giorno lui viene ammazzato freddamente da un giovane yakuza, come aveva fatto lui a suo tempo, e la donna è di nuovo sola.

Haruna, celebre pop star, ha mezzo volto sfigurato da un incidente d'auto, si ritira dalle scene e non si lascia più vedere da nessuno; ma Nukui, suo devoto fan, si acceca per poter incontrarla e parlarle; viene condotto da lei da una comune amica, ma nel tornare indietro sulla strada viene travolto da un'auto. Haruna è di nuovo sola, in riva al mare.

Le ultime due storie si intrecciano con naturalezza alla prima, come questa a quella di cornice delle marionette, sia per incontri casuali fra di loro negli stessi ambienti naturali, che fungono quasi da protagonisti di straordinaria bellezza, sia per il comune carattere di amori estremi. L'ombra della morte aleggia su tutto il film, nella sensazione che un amore totale non può realizzarsi se non nella morte, che appare, direi chiaramente nella vicenda  principale dei due infelici amanti che vagano legati insieme, come una soluzione rasserenante. Il film alterna lunghe immagini quasi statiche a sintetici sviluppi delle pur semplici vicende; a me pare tutto molto poetico, anche nelle diversioni apparentemente estranee (come il nipote paralizzato, che viene a trovare in carrozzina Hiro che gli aveva ammazzato il padre). Ai limiti della retorica e dell'accademismo, ma mi pare che non ci cada mai. Kezich si annoia e ne parla molto male confrontandolo con Antonioni, per lui grandissimo e unico ("di Antonioni ce n'è uno solo"), ma a me annoia molto di più il celebre Deserto rosso e non ho dubbi nel preferire, e di gran lunga, questo.

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