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Dolls

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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La recensione su Dolls

di DrFloyd
8 stelle

Dolls, ovvero quando l’arte si siede in platea ad osservare la biplanarità della relazione d’amore, il suo volto gaio, giocoso, e quello disperato, estremamente debole nel suo precario equilibrio sull’orlo della follia.
Intersezioni magistralmente orchestrate da Kitano: quelle temporali, tra il presente dell’azione ed i continui rimandi al passato del ricordo; quelle fattuali, con le storie di due giovani, destinati al matrimonio ma separati dalla volontà delle famiglie e dei loro interessi economici, di un boss della yakuza, che ritrova una donna la quale, con esasperata ostinazione, lo aveva atteso per anni su una panchina, di una cantante pop sfigurata dopo un incidente e di un suo fan che si acceca perché, dopo il funesto evento, ha preferito non poter più vedere; quelle dei contenuti emotivi, con numerosi ribaltamenti di campo, la nostalgia cui segue una nuova speranza, subito disgregata dall’irrompere del Fato, insensibile alla bellezza dei mandorli dai fiori appena dischiusi.
In questo intreccio esiste un fil rouge, quello che lega i due giovani vagabondi, le due marionette uscite di scena (dal palcoscenico dove compaiono all’inizio, e da quello più contingente delle loro vite) per un viaggio senza scopo, senza meta, senza mai voltarsi indietro, non una parola, soltanto un interminabile e strascicatamente lento cammino tra scabri terreni, vegetazione di policromatico incanto, bianchissima neve, epilogo del loro doloroso percorso.
L’ultima sequenza li mostra appesi ad un ramo, sull’orlo del precipizio, ma ancora una volta né di qua né di là, in bilico, in quell’interstizio senza più attimi, senza più passi.
Ed è allora che lo spettatore si ritrova una corda attorno alla vita, un filo rosso che lo ha tenuto unito per un paio d’ore ad un compagno di viaggio dallo spirito di sublime purezza che ha nome Cinema.

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