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Rififi

Regia di Jules Dassin vedi scheda film

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La recensione su Rififi

di marco bi
9 stelle

Girato con pochi soldi fu un successo mondiale. Alcuni registi (come Jean-Pierre Melville ma anche altri non francesi) imitarono il realismo usato nella descrizione del colpo. Altri film misero la parola ‘rififi’ nel titolo, fino al ‘L’ultimo rififi’, su tre vecchietti che rubano nella loro casa di riposo...ma nessuno lo ha mai eguagliato.

 

A Parigi, Toni - un grande Jean Servais - soprannominato ‘le stephanois’ (abitante di Saint-Etienne ma per i nostri doppiatori ‘lo stefanese’ era giustamente poco comprensibile e han tagliato corto chiamandolo ‘il laureato’), finito di scontare 5 anni di galera senza aver fatto i nomi dei suoi soci di malaffare, torna alla vita fatta di fumosi locali notturni - dove Magali Noel ci affascina cantando e ballando la famosa Rififi - ubriacandosi, perdendo alle carte e cercando di ritrovare la sua ex morosa. Quando la trova, rea di non averlo aspettato e di averlo tradito con il boss della nuova malavita che è diventata agguerrita e senza regole morali, la punisce a colpi di cinghia (li sentiamo solamente). Poi, deciso a rifarsi una reputazione ed a riprendersi il posto che gli compete all’interno della mala, Toni organizza una grossa rapina con scasso ai danni di una gioielleria vicino Place Vendome con l’aiuto dei fidati amici fraterni Mario ‘l’italiano’ e Jo ‘lo svedese’. Ma hanno bisogno di un esperto di casseforti e chiamano il migliore sul campo Cesare ‘il milanese’ (lo stesso regista che, chissà come mai, si nasconde dietro lo pseudonimo di Perlo Vita). Si preparano studiando con precisione, effettuano un sopralluogo nella gioielleria e trovano punti deboli nell’allarme e nella cassaforte. La sequenza del colpo dura mezz’ora, si svolge in religioso silenzio ed è così realistica (sudiamo anche noi con loro) che in Messico il film fu bandito per paura che fornisse ai ladri nuove tecniche. Il bottino è ingente, anche la nuova mala lo vuole a tutti i costi e, cherchez la femme, rapiscono il figlio di Jo ‘lo svedese’... dato che il fatalismo è parte integrante del genere si può immaginare come la storia si concluda vedi il tesissimo e spettacolare finale.

 

Jules Dassin (1911- 2008) di origini russe ma nato negli Stati Uniti, negli anni cinquanta per sfuggire al maccartismo si trasferì in Francia ma si era già distinto per il duro realismo e il taglio documentaristico con i quali aveva descritto personaggi leggendari in ambienti reali come le città e i loro abitanti, le strade, i vicoli, i negozi, i locali notturni. Si veda gli ottimi film precedenti a Rififi come ‘Forza bruta’ (1947), un tentativo di fuga dal microcosmo di un duro carcere americano; ‘la Città nuda’ (1948), un’indagine di omicidio e un ritratto di New York dove ci sono otto milioni di storie; ‘i Trafficanti della notte’ (1950), sul mondo degli incontri clandestini di lotta greco-romana in una Londra cupa e notturna.

 

Sembra che il termine ‘rififi’ sia stato coniato dallo scrittore Auguste Le Breton nel romanzo ‘Du Rififi chez les hommes’ (credo si possa tradurre con ‘zuffa tra uomini’), anche titolo originale di questo gran bel film del 1955, capostipite insieme a ‘Grisbi’ di Jaques Becker del ‘noir alla francese’. Non era un tipo tanto raccomandabile Le Breton che collaborò con Jules Dassin alla realizzazione del film, poiché quando seppe che il regista stava dando al film un tono più leggero rispetto al suo romanzo molto più duro, contenente anche scene di necrofilia, si arrabbiò e arrivò a minacciarlo con una pistola! Rififi vide riconosciuto il virtuosismo dell’ autore con il premio al festival di Cannes per la miglior regia.

 

Girato con pochi soldi fu un successo mondiale. Alcuni registi (come Jean-Pierre Melville ma anche altri non francesi) imitarono il realismo usato nella descrizione del colpo. Altri film misero la parola ‘rififi’ nel titolo, fino al ‘L’ultimo rififi’, su tre vecchietti che rubano nella loro casa di riposo... ma nessuno ha mai eguagliato la grandezza dell’originale.

 

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