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Rashômon

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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La recensione su Rashômon

di LAMPUR
8 stelle

All'alba del 2012, commentare Rashomon ed il genio di Kurosawa può risultare pleonastico.

Il principio della “seduzioni delle immagini”, introdotto dal maestro giapponese, pur riprendendo geniale letteratura precedente, andrebbe invece esaminato con l'occhio ancora intorpidito e disallenato dell'epoca.

Ed allora, in questo tiepido marzo di nuovo luccicante millennio, ciò che può apparire, ed appare, datato, impreciso e farraginoso, acquisterebbe nuova linfa.

Osserviamo quindi con l'occhio dell'epoca.

Per i tempi e la percezione acerba dello spettatore d'allora, Rashomon è e rimane cinema ardimentoso e rivoluzionario.

Metacinema allo stato puro. Antico gioco dei punti di vista sviscerato, da allora, in finissime e ricercate angolazioni che hanno, col  tempo, contributo ad affinare l'analisi ipercritica di pari passo con lo sgrezzarsi del mezzo cinematografico.

Oggi, guardarsi il prototipo Rashomon  con l'occhio smaliziato dagli svariati “others soliti sospetti sesti sensi”,  dagli arzigogoli inarriteschi, dalle congetture “prestigiose” (“il trucco c’è sempre ma noi vogliamo riuscire a non vederlo”), e anche da iperboli stilistiche come Prospettive di un delitto o da fantascientifiche sovrapposizioni spazio/temporali che il cinema sforna audacemente con sempre più frequenza e - magari capziosa - precisione, diventa quasi un elementare esercizio in surplace, ma è proprio all'apripista anni cinquanta che dobbiamo ancor di più guardare con ammirazione ed occhio incredulo.

All'epoca saremmo rimasti, anche noi, magnificamente investiti ed inorgogliti del ruolo di giudici, con quella, già avveniristica, camera fissa ad aprirsi sullo spettacolo, ed intrigati da queste storie diverse ricamate su di un unico accadimento.

Un omicidio/suicidio descritto da quattro capocce differenti (per una delle quali servirà pure un medium…!!) che se la raccontano ognuno come fa più comodo, e certo ci sarebbe da sindacare a raccogliere tutti gli indizi: chi uccide di spada e chi di pugnale e su quattro versioni, guarda caso, quella - in teoria - veritiera, sputtana tutti e tre, in contemporanea - un azzardo statistico lo ammetterete -, i nostri protagonisti: un bandito fifone, un samurai vigliacchetto (già ossimoro di per se), e sua moglie un po’ zoccola.  

Il finale vuole (vorrebbe) ammantarsi di buonismo ma può (potrebbe) essere suscettibile di ulteriore (s)vista catastrofica (e se il vignaiolo, primo testimone, se lo vendesse al mercato nero il bimbo amorevolmente sottratto all'abbandono precoce?).

Ma vedete? Anche volendo tornare all’epoca, un’incapacità cronica mi tiene legato al futuro, e l’analisi sbanda inquinata dal frenetico progredire…

Armiamoci di Macchina del Tempo allora e, forti della nostra esperienza di uomini del terzo millennio, stupiamo ancora.... 

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