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Sebastiane

Regia di Derek Jarman, Paul Humfress vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sebastiane

di kotrab
8 stelle

Esordio nel lungometraggio del fuori classe D. Jarman, Sebastiane è una esperienza al confine tra sensorialità ed evocazione estatica in chiave prettamente estetica e poeticamente militante, che ha necessitato di qualche anno e più d'una visione per un personale apprezzamento: la modificazione storica a favore dello sfruttamento ideologico della sensualità del martirio di San Sebastiano indirizza la visione sull'aspetto contemplativo, la contemplazione diventa mistica per mezzo della sensorialità, quindi della sensualità, tramite non solo tra terra e cielo, ma anche tra paganesimo e cristianità, nella tensione del senso di colpa.
Jarman punta sul fascino verbale del latino (pur anglicizzato), sugli esterni caldi, petrosi e aspri della Sardegna (in parte anche in Inghilterra), sulla lucentezza del sole che bacia o brucia la carne, sulla sensibilità pittorica del colore e dell'inquadratura, sulla dimensione sospesa di un mondo separato dalla civiltà, sempre terreno ma già proiettato in un aldilà, ai confini dello spazio e del tempo, dove il ralenti fa parte dell'ordine delle cose e della percezione, la colonna sonora soffusa, oniricamente straniante e ipnotica di Brian Eno pare una nebbia in ossimoro col paesaggio, ma psicologicamente aderente. L'epilogo col martirio è il contraltare alla furia orgiastica del prologo nel palazzo di Diocleziano. Qui, nella desolazione, si ode solo il fruscio del vento, senza altri eventi sonori: esso crea l'atmosfera di attenzione, di contemplazione e quasi di raccoglimento nei confronti dell'esecuzione, ma, proprio grazie alla sua impalpabilità modellabile, funge da elemento conduttore tra immagine e tatto dello spettatore, il quale riesce così a sentire anche la consistenza fisica dei corpi.
Tutto è concentrato sulla evocazione e sulla metafisica della fisicità, su una concatenazione di appunti quotidiani. 8

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