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Il dottor Stranamore

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su Il dottor Stranamore

di Mr.Klein
8 stelle

Il possesso assoluto sulla materia trattata.
Non sembrerà sacrilego al kubrickiano integralista indicare questo del regista americano di nascita e britannico d’adozione come il primo titolo interamente suo,in cui ha espresso in modo perentorio cosa volesse dire per lui dirigere un film.
Non che non fosse successo prima,ma con questa pellicola inclassificabile(per la difficoltà di inserirla in un genere) la prepotenza estatica con cui Kubrick si muoveva nel gioco crudele delle menzogne insite nelle regole e nelle leggi,il regista si smarca decisamente dalle imposizioni di un linguaggio classico e rassicurante(cosa che doveva aborrire al di sopra di ogni altra) dei film precedenti che,come dimostra soprattutto Orizzonti di gloria,potevano comunque essere gioielli,ma sempre un po’ condizionati dalla riconoscibilità dell’espressione e del messaggio.
Sbrigativamente inserito nel genere commedia,che non sappiamo quanto potesse essere approvato dal regista,lo è,o lo sembra,nelle linee generali,ma procedendo nella visione si prova sempre più una paura guardinga,il suggerimento di uno shock taciuto,che contraddice in pieno il superficiale approccio  con cui si affronta il film all’inizio,per essere sorpresi dal suo profondo cuore maligno di ballata macabra,di metafora sarcastica di tutta l’egemonia sul genere umano di una stirpe di folli stupidi aguzzini che sacrificano l’effettiva salvezza dell’umanità alla loro delirante sicurezza di sapere come difenderla.
Tutto questo acquista un’inconsueta tensione,tanto più forte perché resa con toni in cui l’intrattenimento si esaurisce subito in un senso del grottesco che squalifica l’etica della politica,grazie alla tessitura duramente oggettivata di Kubrick che non vuole ottenere il coinvolgimento dello spettatore,quanto la possibilità di chiamarlo fuori dalla partecipazione emotiva per imporgli la lucidità della visione e convincerlo di come non abbia senso concedere appello ad un simile campionario di bestialità umana.
La concentrazione con cui Kubrick imbastisce immagini di un nitore quasi documentaristico esaltano la stringatezza di un’opera che cancella l’alibi del film di genere rubando un elemento da ognuno di loro(che sia appunto commedia o film di guerra) in un autorevole pastiche che si conclude in una parabola sulla morte o sull’agonia annunciata dell’umanità.
Altra cosa non poi così frequente  nel cinema di Kubrick è che il film è un sontuoso tiro incrociato di grandi prove d’attore,con Sterling Hayden che interpreta  con lodevole coraggio l’oscura immagine speculare a quella che di solito interpretava;George C. Scott  un intollerabile esagitato paladino della morte visto come diritto del più forte;e su tutti governa il malinconico istrionismo di Peter Sellers,che non colpisce solo perché onnipresente e impegnato in tre ruoli,ma più che altro per quel suo mantenere un segreto rivelatogli dalla regia.
Ad offrire l’ immaginifico recinto in cui si discute del destino degli uomini come se si stesse disputando una gara di barzellette ci pensa Ken Adam,la cui stanza dei bottoni,la War Room,è l’invenzione che esemplifica l’ossessione di Kubrick per il “luogo”,lo spazio in cui vengono distribuite in modo anche sadico tutte le combinazioni sbagliate che illudono sui tempi della salvezza e si decidono le date quasi certe delle condanne a morte.
 

Su Stanley Kubrick

Compiuta e inappuntabile nel controllo con cui si stringe intorno al tema dell’inganno del presente come contenitore delle variazioni del linguaggio della morte,e sull’impossibilità della natura umana di saper difendere il grande e inspiegabile processo della vita.

Su Peter Sellers

Non è eccezionale solo per l’evidentissima capacità camaleontica,quanto per la sordina che vi applica per ispezionare ancor più meticolosamente il terrore e l’orrore di un vuoto su cui i suoi personaggi si ostinano ad argomentare,fatta eccezione solo per il Capitano Mandrake il cui dubbioso candore affronta con eleganza morale la sordità di un circuito di menti malate. Il suo “Mein Fuhrer” rivolto al presidente degli Stati Uniti è uno dei tanti momenti irresistibili del film,in cui però di ride liberamente  e non a denti stretti come per tutto il resto del film.

Su George C. Scott

L’esemplificazione di una concezione dell’azione bellica nella sua sorellanza con la bestialità di un orgoglioso analfabetismo etico,di cui George C. Scott raccoglie impavidamente la sfida del ridicolo involontario.

Su Sterling Hayden

Inaspettata prova di coraggio,importante soprattutto per aver prestato i suoi lineamenti duri e puri alla follia fragile e vissuta tutta interiormente di un personaggio che ha perso il ricordo dei tempi di pace.

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