Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
In mezzo al fragore e alla stupidità di buona parte del Cinema attuale, tornare, ogni tanto, all'enorme bellezza di quello di Aki Kaurismaki, con i suoi silenzi, i suoi tempi, le sue facce, la sua vodka e il suo rock'n'roll, salva la vita e riporta tutto a casa. Gli anni ottanta vedono il grande regista finnico iniziare il suo percorso cinematografico così particolare, unico, intriso di umanità e poesia, quella poesia dei disperati, degli ultimi, che anche in questo splendido "Ariel", è tutta lì pronta a deflagrare, come nel bellissimo finale. Scritto da Kaurismaki durante un weekend, giusto in tempo per esser presentato, il lunedì successivo, alla commissione finlandese per il Cinema e ottenerne, così, un finanziamento, è un film, per stessa ammissione del regista, da lui odiato, ma che, invece, funziona e sorprende, sia per la sua visione della società dei consumi, sia per la costruzione della storia, in bilico fra Cinema "on the road", la parte iniziale, che si trasforma in un gangster movie ridotto all'osso e infarcito di commedia nera e tocchi geniali, dove Aki non spreca nemmeno un centimetro di pellicola. Non c'è niente di superfluo in questi settanta minuti. La colonna sonora è, poi, malinconicamente splendida, passando dal tango finnico al blues americano, per glorificarsi, nel finale, sulle note di una meravigliosa "Over The Rainbow" cantata dal più famoso dei cantanti finlandesi, Olavi Virta. Sotto l'arco della musica passano tutti i volti e gli sguardi della poetica di Kaurismaki, che ancora oggi ritroviamo nel suo Cinema, essenziale e necessario. Bellissimo.
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