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L'angelo del male

Regia di Jean Renoir vedi scheda film

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La recensione su L'angelo del male

di Stefano L
9 stelle

Dopo il suo capolavoro "La grande illusione", Jean Renoir firma questo dramma espressionista ambientato tra Parigi e Le Havre sul tragico triangolo amoroso fra una coppia di coniugi composta da un funzionario della stazione di Havre, la giovane e affascinante consorte Séverine (la deliziosa Simone Simon), ed il macchinista Jacques Lantier; definita da un romanticismo che evoca suggestioni vicine all'influenza naturalista della letteratura e dell'arte visiva, l'opera è caratterizzata da una struttura narrativa pregna di forti elementi allegorici, i quali riescono, grazie all'efficacia di immagini emblematiche (agevoli nel preventivare situazioni e risvolti infausti), e piani sequenza ipnotici, a generare un pathos che, questa volta, mostra senza tabù o censure quelle apprensioni pessimiste che tormentavano la classe proletaria in un momento della storia in cui, da lì a poco, sarebbero state messe a dura prova le convinzioni e le ideologie di questa problematica casta sociale. Il risentimento da parte di Lantier (un impeccabile Jean Gabin) di non poter uscire dai suoi schemi "ereditari" (lui stesso afferma di essere il discendente di una famiglia di alcolisti) lo porterà ad ostentare quegli istinti omicidi manifestati verso le sue amanti, spesso paradossalmente attratte proprio dalla sua apparente condizione di serenità ed autocontrollo: un onesto lavoratore, il quale si ritrova a fare i conti con l'arroganza del ceto aristocratico... Il suo collega Roubaud (Fernand Ledoux), è analogamente stanco di una vita "ordinaria" e constantemente sull'orlo paranoico di una crisi di nervi. Triste ma significativa la scena in cui ruba dei soldi dal portafoglio dell'amante della moglie, ucciso nel preludio con la complicità di quest'ultima, e verso cui, in un primo momento, aveva giurato a sé stesso di non impossessarsi dei suoi averi. Questi sentimenti di frustazione e collera porteranno i due protagonisti a quelle condotte violente e pericolosamente impulsive che li identificheranno come "bestie umane" (il titolo della versione francese e del romanzo di Émile Zola è, appunto, La bête humaine); ad affliggere gli animi inquieti di Jacques e Roubaud, c'è, come detto, Séverine: femme fatale dell'intreccio ed arma a doppio taglio. Anche lei, infatti, è decisa ad entrare nel mondo della piccola borghesia con tutti i compromessi possibili, persino brutali (sebbene il personaggio, in sé, non si possa considerare esattamente "malvagio"). Il destino dei tre sciagurati non potrà che essere nefasto.. In definitiva, nonostante il ritmo lento della trama, Renoir dirige eccellentemente i ruoli di Gabin, Ledoux, e Simon; la cifra stilistica calibrata e precisa dispiega una suspense della messa in scena giocata sul continuo alterco tra buon costume e violazione delle regole. Queste prestigiose peculiarità permisero al film di essere considerato uno dei lavori più rilevanti del prossimo orientamento neorealista.

 

 

 

 

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