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Anche gli uccelli uccidono

Regia di Robert Altman vedi scheda film

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La recensione su Anche gli uccelli uccidono

di Peppe Comune
8 stelle

Un ornitologo (Rene Auberjonois) spiega dal suo studio il comportamento di alcune specie di uccelli raffrontandole con quelli degli esseri umani. Le sue stravaganti lezioni si frappongono con gli avvenimenti che accadono nella città di Huston, in particolare, con quelli che vedono coinvolto Brewster McCloud (Bud Cort), un ragazzo occhialuto che vive nel rifugio antiatomico dell’astrodomo della città intento a preparare tutto ciò che serve per consentirgli di librarsi in volo. Tre donne ruotono intorno alla sua vita, Louise (Sally Kellerman), un angelo caduto in disgrazia che lo esorta a coltivare il suo sogno stando ben attento a non perdere l'originaria purezza del corpo, Hope (Jennifer Salt), una mezza matta che lo aiuta a nascondersi nel rifugio portandogli quanto serve per alimentarsi e che si consola masturbandosi mentre il ragazzo fa gli esercizi ginnici necessari per rafforzare i muscoli delle braccia, e Suzanne (Shelley Duval), una ragazza molto ingenua che lavora all’astrodomo come guida turistica, quella che farà conoscere al giovane sognatore l’amore e il sesso. Intanto ad Huston avvengono strani delitti e per risolverli viene chiamato il detective Frank Shaft (Michael Murphy) aiutato da un agente del posto, il tenente Johnson (John Schuck). Tutte le vittime hanno in qualche modo avuto a che fare con Brewster McCloud : un vecchio paralitico (Stacy Keach) assetato di danaro a cui il ragazzo faceva da autista, la stonatissima e arrogante “soprano” (Margaret Hamilton) che canta l’inno nazionale all’astrodomo e un poliziotto farabutto (Bert Remsen) che tenta di rubargli la macchina fotografica allo zoo. Su ognuno dei cadaveri vengono trovati degli escrementi d’uccello e su ogni luogo del delitto è presente Louise.

 

 

“Anche gli uccelli uccidono” è una commedia dolce amara che vira decisamente verso il fantastico per raccontare con toni dissacratori e fare allegorico le crepe del sogno americano. Il volo è l’ultima frontiera del sogno e gli uccelli assurgono a simbolo della perfezione dell’essere attraverso la raggiunta emancipazione dagli ostacoli sociali. Dall’alto della loro torre di controllo, possono penetrare il senso delle umane meschinità e farsene beffa con irridente cinismo. Non è un caso che l’ornitologo tendi a trasformarsi in uccello quanto più relaziona alcune caratteristiche violate degli uccelli con le peggiori attitudini degli uomini. Non è un caso neanche che i tre morti rappresentino a diverso modo tre facce malate del paese : l’avidità strenua per il denaro, l’arroganza intellettuale di un paese che malvolentieri accetta critiche sul suo operato e la corruzione dei pubblici uffici. Gli uccelli pensano alla libertà come ad una meta raggiunta, la derisione che attuano a colpi di escrementi svolazzanti in segno di maggior spregio sulle inefficienze della polizia e l’impunita cialtroneria di politicanti arrivisti, segna il trionfo dello spirito anarchico. Il giovane Brewster McCloud tenta di innazzarsi sopra le debolezze terrene attraverso la libertà garantitagli dall’esercizio del volo. Il prezzo da pagare è un forzato isolazionismo e una lotta continua contro le debolezze della carne, perché in principio ogni uomo ha sognato di poter volare, gli dice il suo angelo custode Louise, poi “crescono e l’amore diventa sesso. E allora vanno sempre più verso la terra. E, sperimentato il sesso, si adattano a quello, e generano altra gente come loro”. Le esigenze del corpo valgono più delle aspirazioni dello spirito dunque, e questo basterebbe all’uomo a fargli ricercare l’appagamento di un istinto immediato piuttosto che investire sulla verginità di una speranza. Brewster McCloud incarna appunto questa lotta esistenziale nel bel mezzo dell’intemperie della società, in equilibrio tra la costruzione di un bel avvenire e i mezzi che ci vogliono per poterlo raggiungere, tra l’eterea leggerezza di un sogno e il peso insopprimibile del corpo. La sua è una natura sognante e confrontarsi con il mondo è come scoprirsi rinchiusi in una gabbia per uccelli. “Non penso sia il mio miglior film ma è il miglior film mio, il mio preferito anche se – o forse proprio perché – è il meno riuscito”, questo pensava Robert Altman di “Anche gli uccelli uccidono”, ed in effetti, a mio avviso, il fascino del film risiede tutto in quell’aria di calcolata approssimazione che sembra sorreggerne l’intera struttura narrativa, un aspetto che serve a rafforzare la percezione di trovarci di fronte ad uno spettacolo a cielo aperto dove, la frammentazione di generi che si rincorrono l’un l’altro (commedia, poliziesco, noir, fantasy, grottesco) e il carattere allegorico che permea la storia, ci conducono di fronte ad un gioco tremendamente serio condotto con impareggiabile originalità d’approccio. Il film si chiude con una parata stile circo che vede presenti tutti gli attori coinvolti nel film. Vestiti da saltimbanchi, vengono presentati uno ad uno. Interpretano se stessi nell’imprevedibile farsa della vita. Grande Altman.

 

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