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La doppia vita di Veronica

Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film

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La recensione su La doppia vita di Veronica

di steno79
8 stelle

Un film sulla "doppiezza" dell'esistenza, sulla possibilità che ognuno di noi abbia un "alter ego" segreto che potrebbe misteriosamente replicare il nostro destino... Il film si inserisce nella grande tematica kieslowskiana sul Caso che regola l'esistenza dell'uomo, ha molte qualità cinematografiche ed è girato benissimo, ma resta un pò troppo enigmatico e sfuggente in molti particolari narrativi di cui non si capisce il senso.

Weronica è una giovane cantante polacca che muore durante un concerto a causa di una malformazione cardiaca; in Francia seguiamo le vicende di Véronique, una giovane che si innamora di un affascinante marionettista, ma che intuisce il pericolo a cui si era esposta la sua "gemella" e rinuncia a cantare; quando in una foto scattata durante un viaggio in Polonia trova una prova dell'esistenza del suo "doppio", scoppia in un pianto dirotto...

La sceneggiatura, scritta con l’abituale collaboratore Krzysztof Piesiewicz, risulta più complicata e meno lineare rispetto a quelle del Decalogo, con numerosi rimandi ermetici, spirituali e piuttosto oscuri, ma anche con alcuni leit-motives costanti nell’opera del polacco (ad esempio la presenza della vecchietta che attraversa la strada, che tornerà in Film blu). La prima parte ambientata in Polonia è la più affascinante, bagnata in un’atmosfera magica e carica di presagi, con uno stile che arriva perfino ad azzardare inedite soggettive, soprattutto nella scena del concerto in cui muore Weronica, forse la più bella di tutto il film. Il canto che la porterà al fatale attacco cardiaco è basato su alcuni versi tratti dal secondo Canto del Paradiso di Dante Alighieri, che rafforzano l’impressione di tragica ineluttabilità.

O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d'ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca,

tornate a riveder li vostri liti:
non vi mettete in pelago, ché forse,
perdendo me, rimarreste smarriti.

L'acqua ch'io prendo già mai non si corse;
Minerva spira, e conducemi Appollo,
e nove Muse mi dimostran l'Orse.

La colonna sonora di Zbigniew Preisner si rivela nuovamente un complemento insostituibile della regia (stupendo anche il canto sui titoli di testa), così come la fotografia di Slawomir Idziak. Irène Jacob nel doppio ruolo è duttile, espressiva, trascinante, tanto da meritare la Palma d’Oro a Cannes; al suo fianco spicca soprattutto la presenza dell’affascinante Philippe Volter nel ruolo del marionettista: un attore belga poco conosciuto in Italia, purtroppo morto suicida a causa della depressione a 46 anni nel 2005.

Voto 8/10

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