Regia di William Friedkin vedi scheda film
Non saprei se catalogare il film nel genere horror, anche se certamente fa saltare sulla sedia ben più di 1000 Freddy Kruger e BimbominchiaSaw messi assieme.
Per me, il pregio maggiore del film è l’aver saputo creare un’atmosfera claustrofobica e angosciante con pochi effetti speciali e molto “lavoro” sulle reazioni istintive dello spettatore, vale a dire con una grande conoscenza dei tempi e degli effetti drammatici. Esattamente come nel Belfagor televisivo (e tutto al contrario di quello cinematografico, dove l’unica cosa che spaventa è che Sophie Marceau si sia prestata a esserci).
Lo definirei quindi un film “artigianale”, dove al termine assegno la valenza di cosa fatta bene, con cura e attenzione. Persino la locandina, con vaghi richiami ai giochi luce/buio di Magritte, è un capolavoro in sé.
La trama è lineare e l’ambientazione persino banale, e la scelta di evitare dispersioni narrative cattura l’occhio dello spettatore sull’angusta camera in cui l’ottima Linda Blair dà prove della propria possessione.
Considerando l’epoca in cui è uscito (1973) è un capostipite, che personalmente considero insuperato e che ottiene ancora oggi, dopo tutti i “Il Rito” (Anthony Hopkins) et similia, l’effetto voluto.
Chi non l’avesse ancora visto, lo veda: è una di quelle pellicole che contribuiscono a fare la Storia del Cinema.
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