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Khrustalyov, ma voiture!

Regia di Aleksej German vedi scheda film

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La recensione su Khrustalyov, ma voiture!

di alan smithee
9 stelle

locandina originale

Khrustalyov, ma voiture! (1998): locandina originale

 

Premessa: “Era la fine dell'inverno 1953. Stalin godeva del diritto di vita o di morte di circa la metà della popolazione del pianeta. Il maresciallo Beria, Ministro dell'Interno controllava, attraverso i suoi occhialini pince-nez, popoli interi e guardava centinaia di migliaia di persone entrare nei campi di prigionia. L'antisemitismo come sentimento ufficiale di Stato cresceva progressivamente. Tutto era premeditato. Il cosiddetto “complotto dei camici bianchi”, procedimento repressivo organizzato contro i medici ebrei, doveva mettere fine al destino del popolo ebreo in Russia. Ma intanto il popolo viveva ed amava, rimanendo fiero del proprio paese.

Nulla in quel vivere quotidiano apparentemente sereno, faceva presagire l'esistenza della barbarie staliniana tutt'attorno. L'eroe di questo film, il professor Glinski, sarà vittima del complotto dei camici bianchi. Il KGB organizzerà un complotto che arriverà ad utilizzare un sosia per simulare la sua deportazione”.

La premessa che cala lentamente dallo schermo ad inizio film è una preziosa, indispensabile testimonianza-avvertenza dello sfondo drammatico che fa da base ad una serie di vicende e situazioni che altrimenti sarebbe quasi impossibile radunare sotto un unico filo conduttore, considerata l'incontenibile ed istrionica tendenza del gran regista russo di immergerci in molteplici spaccati di vita in qualche modo concatenati gli uni agli altri, non fosse che sono le storie quotidiane di un popolo oppresso da una dittatura che tende a soffocarlo.

Con uno spiccato sense of humor solo apparentemente fuori luogo, confusionario, esagitato, ma comunicante vita e ancor più voglia di vivere, più che di sopravvivere, ma anche con la malinconia che trapela dal solito meraviglioso, inevitabile bianco e nero che trapela in ognuna delle altre cinque opere del maestro russo osteggiato dal regime Aleksej German (tranne che nell'ultimo e postumo Hard to be a God, del 2013, l'unico a colori), il maestro russo ci narra le concitate vicende di una deportazione di un brillante medico e scienziato, vittima della maniacalità di Stalin che, temendo di venire ucciso da un complotto di medici conniventi, li allontana dal palazzo e li confina come deportati, pur essendo essi dei luminari in grado di apportare notevoli contributi ai progressi medici del grande paese.

Il film, che prende il titolo da un ordine impartito da un potente gerarca ad un servitore, affiché gli renda disponibile l'auto, è un viaggio caotico e magico strutturato in due parti, attraverso un mondo dove l'ordinarietà della vita di famiglia, tutti stretti attorno ad un barocco appartamento sovrappopolato e pesantemente arredato, tutto putti e suppellettili, orpelli ed oggetti abbandonati al caso, si alternano alle vicende di un confino che unisce i sospettati ad una massa di gente considerata nemica e quindi da segregare.

Difficile da seguire per il fitto susseguirsi di immagini e situazioni che sembrano sparpagliate un po' a caso, e soprattutto pellicola quasi impossibile da reperire (ma ne ho trovato una versione sottotitolata in francese disponibile su You Tube, non proprio elementare da comprendere, ma senz'altro affrontabile), “Khrustalyov ma voiture” è frutto di una co-produzione franco-russa che ha permesso al regista di partecipare nel '98 al Festival di Cannes.

Un film pieno di vita, dispersivo forse, ma altamente affascinante, dove il freddo ed il gelo dei paesaggi innevati meravigliosamente resi dalla fotografia ammaliante di un bianco e nero potente e abbagliante, viene surriscaldato dalla vitalità delle scaramucce in famiglia, dagli istinti vitali di una umanità imprigionata e resa succube, ma ancora viva e vitale, per nulla vinta ed ancora in grado di farsi sentire.

 

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