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Training Day

Regia di Antoine Fuqua vedi scheda film

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La recensione su Training Day

di degoffro
6 stelle

Ancora corruzione e malaffare nella polizia di Los Angeles. Ancora una recluta "fresca come una rosa", giovane, idealista ed ambiziosa, piena di sani principi morali, decisa a mettere in pratica i rigorosi insegnamenti dell'Accademia nei quali crede fermamente. Ancora una coppia di poliziotti assai diversi (uno nero e uno bianco sulla scia di "48 ore" e "Arma letale"), con metodi investigativi diametralmente opposti e poco conciliabili. Per ricavare un poliziesco non datato, capace di coniugare un forte e vigoroso impatto spettacolare con un'incisiva carica di denuncia ci sarebbero voluti il Sidney Lumet dei tempi migliori o il grande Robert Aldrich. Il discontinuo Antoine Fuqua realizza un'opera senza dubbio veloce, tesa, anche intrigante, violenta (soprattutto nei dialoghi, si pensi che solo la parola "fuck" viene pronunciata ben 211 volte) con valide sequenze d'azione ma non sorprende, non spiazza, non va a segno, non prende al collo, lascia per lo più annoiati quando non irritati (molte, forse troppe, le improbabilità o approssimazioni della sceneggiatura). Non tutto è da buttare, anzi. Eccellente, per esempio, è la prima parte in cui la corruzione di Alonzo non è ancora così sfacciata ed esibita. Innegabile la capacità di Fuqua di catapultare lo spettatore nel fango, nella confusione, nell'anarchia, nella brutalità e anche nella povertà delle strade di Los Angeles, facendone "sentire l'odore" come ha giustamente affermato lo sceneggiatore David Ayer, bianco cresciuto nella zona Rampart della città. Niente di nuovo per carità, ma insolitamente riuscito e di pelle. Peccato però che lo schematismo insistito e il manicheismo dei personaggi, oltre allo sviluppo narrativo stereotipato rendano, con il proseguire dei minuti, la vicenda a tratti insopportabile (gratuita, per esempio, la sequenza dell'omicidio di Roger, impersonato da Scott Glenn, così come superflua è tutta la parentesi in cui Hoyt è vittima delle violenze di un gruppo di criminali latinoamericani). Ad aggravare il tutto interviene poi, a gamba tesa, l'interpretazione sopra le righe, compiaciuta ed esagitata di un Denzel Washington mai così fuori parte, poco credibile e fastidioso (al suo primo ruolo da cattivo). L'Oscar per il miglior attore attribuitogli nel 2002 grida ancora vendetta. Il suo a dir poco ambiguo e megalomane tenente Alonzo nella parte finale sfiora la macchietta più indecorosa (si veda il ridicolo e grossolano sfogo nella Giungla - altro brutto momento del film - quando, con una pallottola nel sedere, grida la sua onnipotenza, afferma che è lui che comanda e che persino King Kong non vale niente in confronto a lui). Sembra quasi uno di quei cattivi dei cartoni animati che non muoiono mai e questo, per un poliziesco che si vorrebbe crudo e realistico, è imperdonabile. Molto più bravo e convincente risulta così essere il suo partner Ethan Hawke, con una recitazione misurata, naturale ed assai matura, perfetto nei panni di Hoyt. Scontata e becera infine la resa dei conti finale tra i due protagonisti che si danno botte da orbi, degna del peggior action movie. A conti fatti dunque un film discutibile e ripetitivo. Ci sono molte facce giuste questo sì (Scott Glenn e Tom Berenger su tutti, ma non male anche i rapper Snoop Dogg e Dr. Dree oltre a due notevoli presenze femminili, la sensuale Eva Mendes in una delle sue prime apparizioni - è Sara - e Macy Gray, la volgare moglie di Sandman, dalle unghie appariscenti ed inconfondibili, un cameo che si impone con forza ed irruenza) ma non bastano a salvare un'opera tutto sommato superficiale, che smorza i suoi pur lodevoli intenti con una messa in scena caricata e troppo didascalica. Lapidario il giudizio di James Ellory che, senza troppi giri di parole, a proposito del film ha parlato di "un completo spreco di tempo".

Voto: 6 e mezzo.

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