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No Man's Land

Regia di Danis Tanovic vedi scheda film

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La recensione su No Man's Land

di ga.s
8 stelle

Servendosi dell’ironia alternata a momenti drammatici, Danis Tanovic (anche autore dello script), qui al suo promettente esordio, inventa una incredibile commedia dell’assurdo, nella quale si evidenzia con precisione e potenza l’assurdita di una guerra in cui i nemici parlano la stessa lingua e non sanno (o non vogliono) dire chi l’abbia incominciata, mentre gli amici parlano lingue straniere e non sembrano avere alcun potere per impedire che la guerra termini. La vicenda, che in principio sembra destinata ad una impostazione teatrale, esce poi brillantemente da questa costrizione, mostrando le azioni degli altri personaggi esterni alla trincea, e, anzi, è proprio grazie a questi momenti che dà maggior spessore al suo messaggio. Da una parte c’è l’impotenza delle truppe dell’Onu (il casco blu che vorrebbe aiutare i due uomini, ma gli ordini di un suo superiore – impegnato a passare il suo tempo in un ufficio in compagnia di una avvenente segretaria – glielo impediscono; gli altri soldati che, in una breve scena, dicono chiaramente di essere stati chiamati ad impedire che la gente della Jugoslavia si ammazzi, ma che tuttavia non possono farsi protagonisti di alcun intervento diretto), dall’altra la cecità della stampa che contribuisce a far emergere il caso dei due nemici in trincea, ma non si rende conto (o non vuole rendersi conto) dell’amaro “trucco” che compiono i caschi blu nel finale, atto definitivo che simboleggia la totale impotenza di questo esercito. Nel mezzo c’è il rapporto tra Ciki e Nino, altalenante tra la possibilità di un incontro e la sua inevitabile e tragica impossibilità.
Tanovic dirige il film con una semplicità elegante e mai blanda o piatta, ma soprattutto scrive una storia con un gran gusto del ritmo. Infatti, benchè non accada quasi nulla di propriamente guerresco, ugualmente il regista/sceneggiatore costruisce un racconto denso di piccoli fatti sempre interessanti. Senza contare poi che il mix di ironia e dramma non stride mai, tant’è che la tragedia più grande (il disaccordo crescente tra i due e il finale) e le situazioni più buffe (certe brevi battute e alcune scene, come quella in cui Nino è costretto a uscire seminudo dalla trincia in modo da essere visto – ma non militarmente identificato – da entrambe le parti in lotta) convivono benissimo.
No man’s land – premio per la sceneggiatura a Cannes 2001 e Oscar per il miglior film straniero (una coproduzione tra Belgio, Bosnia, Francia, Italia, Slovenia e Gran Bretagna) – è un film che grazie alla sua originalità e felicità narrativa aiuta a ricordare l’assurdità della guerra jugoslava pur senza mostrarla. Riesce, attraverso brevi momenti, a mostrarci sia l’incongruenza di una lotta fra fratelli, sia l’impotenza di una organizzazione europea che per colpa della burocrazia, non può intervenire. È un film che lascia molto allo spettatore: un po’ di divertimento, tanti spunti di riflessione.

Sulla trama

Ex Jugoslavia, 1993. Ciki (Branko Djuric), soldato bosniaco, e Nino (Rene Bitorajac), soldato serbo, si ritrovano isolati in una trincea in mezzo alla terra di nessuno che separa le linee nemiche. Benchè nemici, si rendono conto che è necessario trovare una soluzione ai loro problemi, cioè tornare con le rispettive parti e, per Ciki, riuscire a liberare un compagno che si trova in una posizione “scomoda”: è sdraiato su una mina antiuomo. Un casco blu francese (Georges Siatidis) cerca di aiutarli contravvenendo agli ordini che gli giungono dall’alto, mentre una giornalista televisiva (Katrin Cartlidge) tenta di sfruttare la bizzarra situazione per farne uno scoop.

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