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La dolce vita

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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La recensione su La dolce vita

di Giasbo31
10 stelle

"Dov'è il mio dio?" sembra gridare disperata la Roma degl'inizi degli Anni '60. Una Roma travolta dal progresso e dal sogno del benessere economico, che ha al suo interno tanti piccoli mondi in contraddizione. Ricchi e star del cinema in decappottabile che sfrecciano sulla stessa strada dei greggi dei pastori, vita mondana e feste poliglotte contro arretratezza rurale e analfabetismo sono solo alcuni della miriade di contrasti sapientemente giustapposti da Federico Fellini in questa pellicola. Il dramma quotidiano di una società che sta cambiando troppo velocemente e che investe sia ricchi che poveri. Da una parte si vaneggia nell'effimero, nell'instabile e nel superficiale dipingendolo come stile di vita colto e intellettuale; dall'altro si crede alla prima madonna annunciata, quasi come dichiarazione di impotenza nell'acciuffare la modernità. Due mondi così diversi, con mentalità diametralmente opposte sembrano cercare appunto ognuno il proprio dio. Non importa se questo dio sia una star del cinema, una visione, la propria vocazione, un articolo scandalistico; il fatto è che la società va talmente di corsa che non dà il tempo di fossilizzarsi su una cosa, che già te ne impone al consumo un'altra. Questa smania portatrice d'insicurezza e inquietitudine soprattutto nei cuori dei benestanti, che sembrano possedere tutto ma non avere niente. Si arriva ad avere paura del silenzio, della calma (Steiner) perchè ormai troppo assuefatti al nuovo che non si riesce a godere più di niente. La noia è lo stile di vita predominante, una sorta di nichilismo ascetico che considera il mondo tutto e le persone come oggetti da usare e buttare via appena non servono più. La disperazione di una metropoli specchio di quella interiore di Marcello. Troppo sollecitato dagli impulsi moderni, sia per amare Emma, sia per coltivare la passione per la letteratura. Il suo migliore amico è Steiner, che sarebbe ben disposto a introdurlo a editori importanti per catalizzare la sua carriera di scrittore (che non è mai iniziata); ma non lo vede mai e soprattutto non lo conosce veramente. Così come suo padre, a cui però tiene tantissimo. Da questo centro di gravità del suo protagonista si sviluppa il film. Questo nodo portante sembra volutamente messo in secondo piano per descrivere tutte le forze centrifughe che spingono Marcello ad allontanarsi dal suo dio, dai suoi punti di riferimento anche se intimamente non vorrebbe. Intimità che viene purtroppo sradicata dalle coscienze annoiate (paparazzi che quasi fanno parte della scenografia e che non risparmiano i sentimenti di nessuno dalla voracità delle proprie macchine fotografiche)e affoga nell'oblio della dimenticanza, salvo qualche volta riaffiorare a galla provocando un enorme disagio. Questa è soltanto una pennellata approssimativa di un film, che fra tanto niente, bisogna esser bravi a scorgerci il tutto, il significato della (nostra) vita. In questo capolavoro del Cinema mondiale, Fellini sembra voler annoiare volontariamente lo spettatore mediante dialoghi superficiali e scene surreali che descrivono ahimè molto bene la realtà. Ma solo lo spettatore attento, concentrato (insomma che si trova in antitesi con lo stile di vita raccontato) può recepire il messaggio subliminale del film. Un film drammatico ai confini dell'horror, magistralmente travestito da commedia glamour.

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