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L'amore probabilmente

Regia di Giuseppe Bertolucci vedi scheda film

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La recensione su L'amore probabilmente

di FilmTv Rivista
8 stelle

I bravi attori? Sono dei poveri illusi, parola di Alida Valli, una delle tre muse prelevate dal proprio immaginario da Giuseppe Bertolucci per tentare di spiegarci e di spiegarsi cosa diavolo si sia insinuato nel già labile territorio che separa la verità dalla menzogna, la realtà dall’illusione. Tre capitoletti, come fosse un sonetto, un canto, sillabato dalle incredibili nuove telecamere digitali che attaccano gli attori, le storie, persino la creatività di sceneggiatori e registi e che, probabilmente, un giorno soppianteranno del tutto la messa in scena, sostituendosi all’ormai stanca Settima Arte. Bertolucci usa e abusa affettuosamente di volti e corpi, dopo averli scelti, come uno stilista aperto al futuro, nell’atelier più esclusivo delle novità. E così Sonia Bergamasco è un folletto che gira più forte della testa che gira; Rosalinda Celentano, una donna africana alla fonte costretta a vomitare psicosomaticamente per il puro piacere degli occhi e della mente del burattinaio Giuseppe; Fabrizio Gifuni un personaggio fatto di pochissime cose (tra cui un’esilarante imitazione di Alì Agca), stregato dal numero tre «da quando ha scoperto che il numero tre fa sorridere». Bertolucci danza come a un ballo delle debuttanti, volteggia, rovesciando i punti di vista quasi a volere accompagnare fuori dalla porta, con educazione, il vecchio “cinema pesante”. Leggiadro e leggero filosofeggia sull’amore, scrive ti amo sullo schermo come avesse tra le mani la caméra-stylo di Astruc e Cocteau. L’audiovisivo come la penna del poeta, come un verso di Giorgio Caproni, come una parola sentita dire in casa chissà quante volte da papà Attilio. Un film che spera e sperimenta: spera di nascere e sperimenta quanto sia impossibile dire la verità, recitare la menzogna, illudersi che non sia solo un gioco. Come dice il saggio cinese: la cosa più difficile del futuro è fare previsioni. Bertolucci confessa di non sapere (ancora) cosa sarà il cinema, ma dichiara di avere capito cosa non è più. Eroico.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 37 del 2001

Autore: Aldo Fittante

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