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Bullet in the Head

Regia di John Woo vedi scheda film

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DeathCross

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Bullet in the Head

di DeathCross
10 stelle

Eccellente.
Uno dei film d'azione più intelligenti e poetici mai visti.
Il ritmo della narrazione, specialmente all'inizio, è piuttosto serrato, aiutato anche da un montaggio piuttosto rapido, ma non si scade mai nella frenesia epilettica stile Bay. Come in altre pellicole del regista (ad esempio l'altrettanto magnifico "The Killer") anche qui troviamo numerose scene di sparatorie lunghissime ma estremamente coinvolgenti. Si vede, inoltre, una profonda influenza sullo stile registico da parte dei grandi maestri del Cinema, anche occidentali, tra cui spicca con particolare enfasi l'insegnamento di Sergio Leone: e i richiami al Grandissimo Maestro italiano sono numerosi, dalla colonna sonora quasi western all'uso del mexican standoff, ma soprattutto troviamo richiami a Leone nell'attenzione rivolta agli sguardi mediante l'uso dei primissimi piani. Ed è qui che sta la grandiosità dell'opera, ovvero nel lasciare che siano le immagini, molto più dei dialoghi, a parlare, e infatti molto più eloquenti di monologhi retorici ed artificiosi tipici dei drammoni hollywoodiani sono i sopracitati sguardi e i drammatici gesti compiuti dai protagonisti, come la pallottola che Paul spara in testa a Frankie, quella pallottola in testa del titolo (fortunatamente rimasto invariato). Proprio questa pallottola è l'immagine su cui si regge tutto il film: infatti rievoca, di per sè, uno scenario di violenza estrema, ma il fatto che quella pallottola è conficcata nel cranio vivente di Frankie da parte dell'amico Paul rappresenta la brutale e tragica conclusione della triplice amicizia, conclusione dettata dalla febbre folle dell'oro, e questo gesto segna un punto di non-ritorno per il trio: Paul ormai ha inevitabilmente corrotto la sua mente per la brama di successo (già accennata all'inizio, nel suo discorso con lo zio); Frankie, seppur soppravvissuto al colpo, perde completamente la testa e finisce in una voragine di sofferenza perenne, in cui non riesce più a riconoscere gli amici e si trova a dover compiere omicidi a pagamento in cambio di eroina, unico mezzo con cui riesce a trovare un minimo di sollievo dal suo dolore eterno (la pallottola in testa sembra quasi anticipata dalla ferita che riceve nelle prime sequenze del film); infine, Ben, l'unico che resta leale fino in fondo al patto d'amicizia, è anche l'unico che pagherà caro il prezzo richiesto da quel legame profondo: l'unico non coinvolto nell'omicidio iniziale, in nome di quel legame fraterno si sentirà spontaneamente obbligato a rinunciare alla sua nuovissima famiglia fuggendo dopo la prima notte di nozze per partire insieme ai suoi due amici verso il Vietnam; finita la guerra (che divide i tre amici), sarà costretto, sempre in nome dell'amicizia, ad uccidere gli altri due: il primo, Frankie, per pietà, sparandogli in cuore (e non in testa, dove resta la pallottola di Paul); il secondo, Ben, per giusta vendetta, in un duello automobilistico (parallelo alla gara ciclistica amichevole dell'inizio) e che si conclude con un abbraccio simile alla "Pietà" di Michelangelo, in cui non prevale l'odio per l'amico traditore ma bensì un sofferto perdono: solo allora, paradossalmente, è possibile riunire il trio, con la presenza del teschio di Frankie. 
Ben risulta essere, tra i tre amici, l'unico ad essere estraneo dalla pazzia, che invece colpisce gli altri due, sempre in modi diversi: infatti, Frankie fin dall'inizio è connotato come una sorta di pazzoide amichevole, pronto a farsi pestare a sangue pur di aiutare i suoi amici, e dopo la pallottola di Paul viene affetto da un'altra pazzia, molto più dolorosa e per certi versi opposta alla precedente, in cui non riesce a riconoscere nemmeno il suo migliore amico Ben (sconvolgente la scena in cui, afflitto dalle fitte provocategli dalla pallottola, urla in mezzo ad un luogo affollato completamente ignorato dai presenti); Paul, invece, è afflitto da una pazzia che prima, lo porta a desiderare l'oro più della sua stessa vita e, peggio, della vita dei suoi amici (il mexican standoff si crea perché Ben getta in acqua parte dell'oro, e poi spara a Frankie pur di salvare sé stesso e la sua ricchezza), e poi, quando Ben torna con il teschio di Frankie, viene di nuovo assalito dalla pazzia, questa volta creata dal fantasma fastidioso (non meno della pallottola inflitta all'amico) della sua colpa, che lo porta a delirare e a sparare al teschio inerme. 
Questa violenza fratricida è specchio della violenza che affligge i due paesi mostrati, Cina e Vietnam, un po' come accadeva nei film di Leone, in particolare "Il Buono, il Brutto, il Cattivo" e "Giù la Testa": come nei film leoniani, anche qui la Storia collettiva è nello stesso tempo sfondo e specchio della storia individuale dei personaggi, i quali vivono dapprima estranei ad essa (come nella scena della strage in piazza Tienanmen, che provocò diversi casini al film), per poi essere risucchiati nel vortice della guerra.
Oltre a Leone, troviamo richiami anche ad opere come "Scarface" (la fuga dalla casa del gangster) e a "The Deer Hunter" di Cimino, cui si ricollega per l'ambientazione in Vietnam e sulla storia di tre amici, per alcuni versi quasi simili nelle caratteristiche (uno fragile, uno autodistruttivo e uno leale), anche se poi le differenze prevalgono.
 
Dunque, un'opera molto profonda, piena di spunti interessanti (molti dei quali sono stati omessi in questa recensione, come quelli della donna e del killer), e per la quale l'aggettivo Capolavoro non è poi così tanto fuori luogo.
 
Voto: 10

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