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Amores perros

Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film

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La recensione su Amores perros

di lostraniero
10 stelle

La metropoli è cuore. Si contrae e s’espande in un continuo movimento muscolare, ed il suo battito assicura sangue, ossigeno, inquadrature preziose al ciclo delle storie; ai personaggi delle sue storie, alle trame tra le storie. Quelli che muove poi il caos e quelli che inchioda il caso; uomini, donne e cani che non sono derelitte, disperate o randagie pedine di un ‘calcolo matematico della vita’ ma hanno spesso le sembianze di cifre tonde che portano ad una resa dei conti. O al conto finale delle rese. Se le tre ‘quantità di esistenza’ che compongono questo film si addizionano tra di loro, formando uno splendido-sordido-epico spaccato, ognuna di esse è di per sé una cifra a parte.
Octavio X Susana… Octavio per Susana moltiplica i suoi orizzonti di sottoproletario disoccupato e senza alcun interesse, si lascia tirare dentro il ‘mercato’ per piantarci dentro il seme del guadagno. Attraversa velocemente e da vincente i devastati set urbani che sono i ring deputati allo scanno dei cani, visto che gli uomini possono solo commettere orrore visivo, scommettere sulla malvagità, sulla forza e usare il denaro come gli animali usano i denti. 
Valeria – Daniel…  Valeria sottrae Daniel alla sua famiglia per nidificare in un appartamento arredato, per godere di ciò che le loro vite dorate possono ancora distillare, condensare, gocciolare. Ma sul parquet destinato all’intimità e alla complicità, questi due perfetti rappresentanti della borghesia più agiata troveranno per loro subito pronto il gioco antico del dramma e sotto, al parquet come sotto ai primi strati di pelle di un corpo-amore debole e malato, fantasmi di un peccato senza piacere. Come ratti neri, appena intravisti, invisibili quasi. Animali che usano denti.  
El Chivo : Luis e Jorge… Il vecchio terrorista divide il bene dal male nelle esistenze di un Caino e di un Abele, spezza i panini ai cani del suo caravanserraglio, spara e ammazza per guadagnare non il perdono o l’amore (impossibili, più dolorosi del dolore forse) di una figlia abbandonata per l’idea, ma per pagare il conto con il passato e pagarsi il biglietto per un domani da ‘sparente’. Lontana ombra che come uno mexican-Charlot crepuscolare, segue il fiuto verso una nuova città all’orizzonte. Chiusa la pagina. Aperto il campo lungo. Cosa sarà?
Molto del fascino del film viene dal gioco dello spazio scenico. 
Il dentro-fuori-dentro-fuori del primo episodio, come se lo spettatore giocasse a fare dei respiri profondi e poi a trattenerlo il fiato. L’appartamento in cui invece si consuma la ‘trasformazione’ (fisica, psicologica, emozionale, ed infine sociale) della star televisiva è chiaramente un indizio architettonico di compressione ma che viene subito alzata di livello immaginifico, con la scoperta del ‘sotto’ che è davvero il luogo magico, insondabile dove si gioca la partita psicologica tra i due protagonisti. E di nuovo un interno-esterno che avanzano in balletto devastante, nell’ultimo round dove davvero si toccano corde crudeli; dove non c’è possibilità di coesistenza tra i cani chiusi a fiutarsi, a stabilire gerarchie naturali non appena l’uomo allontana la sua presenza. Così come nessuna pietà ha la sorte per i due plutocrati, quando esce di scena l’intellettuale sconfitto, nascosto nel “Compagno!” dato come pustola infetta e non come saluto, o paragone identitario, alibi di una visione politica del mondo. Un mondo fatto di piccole fotografie da eliminare. Puzzle di puzzle. 
Fiume-film carsico e magnifico torrente di impetuosità umane, allora.
Tutto ciò avviene sotto l’epidermide del racconto, un racconto filmico che gioca incredibilmente con i corpi; la trasformazione della storia ci viene portata agli occhi dal come gli stessi protagonisti cambiano, deturpati, erosi, sfigurati o tosati dall’incedere annodato di ciò che accade poiché è dato accadere.  
Una vetta che il regista  non riuscirà più nemmeno a sfiorare con i lavori successivi, troppo diretti ad una facile glossa (“21 grammi”) o troppo poco ravvivati dall’osare cinematografico (“Babel”).
In sintesi, uno dei massimi capolavori del cinema del nuovo secolo/millennio!

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