Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
Paesaggi spogli fatti di cemento armato, fumo giallo, torri d’acciaio che si snodano in archi e curve, sino a raggiungere le figure che vi si muovono attorno e che appaiono anch’esse elementi naturali in perfetta simbiosi con il lividore del cielo.
Cose, persone, parole si perdono nella nebbia di Ravenna, città in cui vive una donna reduce da un incidente, in perenne stato confusionale, incapace di comprendere e di esprimersi perchè incapace di sentire.
Come sempre nei film di Antonioni non accadono eventi significativi, l’occhio del regista, mirabilmente freddo, si muove alla ricerca dei vani tentativi di comunicazione dei suoi personaggi, ed i dialoghi risultano due monologhi simultanei.
Ma le parole servono a poco, l’eloquenza è affidata ai lunghi silenzi, alle pause, alla natura.
L’ effetto sonoro elettronico di fondo è una sola lunga nota, quasi un rumore che accompagna buona parte del film, e che crea una sottile, torbida inquietudine.
In questo senso Antonioni anticipa Lynch e Kubrick.
Appare superflua nell’economia dell’opera una favola-fantasia, peraltro visivamente eccellente, raccontata dalla protagonista, e riguardante una ragazza che preferiva la solitudine al trambusto del mondo.
Primo film a colori di Antonioni, ottima prova che spiana la strada verso Blow up.
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