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Deserto rosso

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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La recensione su Deserto rosso

di degoffro
8 stelle

"Mi manca il pavimento, mi sento scivolare su un piano inclinato, sono sempre lì lì per affogare, non ho niente". Con queste parole affrante e disperate Giuliana, reduce da un incidente d'auto con conseguente ricovero in clinica, esprime tutta la sua inquietudine e tutto il suo malessere. All'inizio la vediamo chiedere quasi supplicante ad un operaio un panino: completamente persa, sembra vivere in un'altra dimensione, incapace di reagire ad una condizione di apatia e totale alienazione. Vaga quasi in ipnosi, come una sonnambula, per la zona industriale di Ravenna, città che appare sporca, fredda, inquinata, dove il progresso ha ormai cancellato e annientato ogni segno della natura, ogni immagine di bellezza. L'incontro con Corrado, ingegnere titolare dell'impresa in cui lavora il marito di Giuliana, mette la donna di fronte alle sue debolezze e alle sue paure ("Di cosa hai paura?" le chiede l'uomo e lei risponde "Delle fabbriche, dei colori, della gente, di tutto"). "C'è qualcosa di terribile nella realtà", "Non so cosa guardare": Giuliana è in continua agitazione, ogni sua sensazione, ogni suo sentimento, ogni sua preoccupazione viene moltiplicata dal suo generale intorpidimento (si veda per esempio la sequenza, molto forte, in cui il figlio non riesce più ad alzarsi dal letto e la donna crede subito che sia stato colpito da poliomielite). Primo film a colori per Michelangelo Antonioni che continua la sua indagine spietata, cinica e pessimistica sull'insoddisfazione e la solitudine dell'uomo, condannato a vivere in un ambiente sempre più malato e desolato (e il contrasto con le splendide immagini della spiaggia di Budelli in Sardegna evocate in una suggestiva e curiosa favola che Giuliana racconta al piccolo figlio per farlo addormentare, dove ancora la natura è vergine e incontaminata accentuano il desiderio di fuga della donna verso altri mondi, altri lidi in cui potere vivere liberi, senza costrizioni, a contatto con una realtà intatta e assoluta, nella pace e nel silenzio più totali). Grandissimo il lavoro sui colori (e il fumo giallo che esce dalle ciminiere delle fabbriche, con cui si chiude il film, è davvero disturbante), splendida la fotografia di Carlo Di Palma (premiata con il Nastro d'Argento), intelligente e elegante la regia di Antonioni, capace ancora una volta di valorizzare con estrema sensibilità gli scenari in cui la vicenda è ambientata, rendendoli specchi crudeli dell'anima distrutta dei suoi protagonisti (e la Ravenna ridotta ad autentico deserto, inquinata e devastata dalla società dei consumi e da un progresso inarrestabile rimane impressa nella memoria), straordinaria l'interpretazione di Monica Vitti, molto efficace nel dare anima e soprattutto corpo al suo personaggio (la sua gestualità e la sua mimica rendono alla perfezione lo stato confusionale e di totale apprensione di Giuliana). Certo la sceneggiatura, cofirmata dal regista con Tonino Guerra, come al solito risulta piuttosto dispersiva, monotona, a volte troppo accademica, specie in alcuni dialoghi per così dire chiarificatori, come l'incontro tra Giuliana ed un marinaio nel finale, o certe discussioni con Corrado, ma "Deserto Rosso" rimane comunque un'opera importante nel tratteggiare una società vuota, superficiale, (Giuliana e i suoi amici si perdono in giochetti erotici infantili o in chiacchiere su quale sia il modo più efficace per prolungare la durata dei propri rapporti sessuali o su quali siano gli afrodisiaci più potenti) persa dietro falsi ideali, quasi rassegnata ad un'esistenza mediocre e monotona. Leone d'oro alla Mostra di Venezia.
Voto: 7

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