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In the Mood for Love

Regia di Wong Kar-wai vedi scheda film

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La recensione su In the Mood for Love

di FilmTv Rivista
10 stelle

Se hai un segreto veramente importante, confidalo alla fessura di un albero secolare, che lo conserverà per sempre. Un uomo e una donna a Hong Kong, nel 1963: storia dei brevi incontri ritrosi tra Chow e Li-zhen, vicini di casa che scoprono casualmente che i rispettivi coniugi sono amanti e inscenano, come in una prova, le rispettive rivelazioni. Si incontrano, si chiedono cosa staranno facendo gli altri due, si parlano come se parlassero a loro, si guardano allontanarsi, e inevitabilmente, senza dirselo mai, finiscono per amarsi. «Non credevo facesse così male», dice Li-zhen. E Chow la incoraggia: «È solo una prova». Ma, all’improvviso, non lo è più, il dolore lancinante della separazione non riguarda più le pallide ombre di un marito e di una moglie che noi intravediamo soltanto di spalle, soltanto di lontano: all’improvviso, la finzione di un incontro per caso si è fatta più forte della realtà, consuma i pensieri e i giorni, attestata sulla fierezza di quel «Noi non saremo mai come loro» che i protagonisti ribadiscono, protratta all’infinito dall’esitazione, il non detto, la sospensione. Tempi, sguardi, parole, sentimenti, movimenti impercettibili, tutti sospesi, nella recitazione stilizzata di Maggie Cheung e Tony Leung (belli ed eleganti come divi del passato) e nelle pause, negli anfratti, nei misteri della narrazione. “In the Mood for Love” non è solo il film più bello di Wong Kar-wai (dove si fondono in filigrana le due anime del suo cinema, quella intimista e romantica e quella che osserva puntigliosa luoghi e ambienti), ma è anche un capolavoro senza tempo del cinema costruito sui vuoti, sui neri che scorrono tra una scena e l’altra, sulle attese, sulle ellissi che riempiono una vita. Sentiamo i pensieri e le emozioni che crescono tra un incontro e l’altro, le parole che i protagonisti non si dicono, il fluire della Storia che cancella il mondo. Quella Hong Kong è sparita, consegnata, come ogni segreto che davvero conti, da Wong Kar-wai alla pellicola, che ci restituirà per sempre le caviglie evanescenti di Maggie Cheung, la passione sottile negli occhi di Tony Leung, la malinconia calda di Nat King Cole che canta “Quizás, quizás, quizás”.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 46 del 2000

Autore: Emanuela Martini

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