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Il talento di Mr. Ripley

Regia di Anthony Minghella vedi scheda film

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La recensione su Il talento di Mr. Ripley

di FilmTv Rivista
6 stelle

Ogni uomo ha un suo talento. Thomas Ripley ha quello di imitare le voci, falsificare le firme, entrare nei panni di qualcun altro. Un ragazzo dall’aria posata, che vive di lavoretti e trucchi e ha una passione per la musica classica; un ragazzo che sa afferrare al volo un’occasione e prepararsi pignolo a una missione molto più importante di quanto non creda il “mandante”. Thomas, povero, va alla ricerca di Dikie, ricco, che vive di rendita in Italia, inviato dal padre che vuole riaverlo in America, a lavorare nella sua industria di progettazione di scafi. Thomas, rancoroso, si lascia attrarre dal fascino e dalla vita dolce di Dikie, superficiale; e Dikie, inaffidabile, resta avviluppato dalla devozione di Thomas, meticoloso. Il signor Ripley studia la sua preda fino a possederne ogni sfumatura, fino ad amarla; ma quella che poteva trasformarsi in una storia d’amore sfocia in una catena di omicidi. Con un romanzo bello e tortuoso come quello di Patricia Highsmith (dal quale Clément trasse, nel 1959, “Delitto in pieno sole”), è difficile sbagliare. Ancora più difficile avendo ben presente l’ambigua tela di ragno costruita da Hitchcock intorno a un’altra coppia di “talentosi” giovanotti della Highsmith: Robert Walker e Farley Granger in “Delitto per delitto”. E proprio Hitchcock pare il modello di Anthony Minghella, non solo nel colore locale dell’ambientazione mediterranea e nella compunzione bionda di una Gwyneth Paltrow ricostruita pezzo per pezzo come Grace Kelly, ma soprattutto nel pedinamento pignolo della strategia di Ripley e nel palpabile gioco di attrazione-rifiuto che si instaura tra lui e Dikie. Musica classica e jazz si scontrano e si intrecciano attraverso i loro sguardi; finché Ripley non è più Ripley e, forse, non è nessuno. Matt Damon è bravissimo, un Ripley ideale con la sua aria da bravo ragazzo; ma quello che sfugge a Minghella, troppo preso dalle sue immagini “d’epoca”, è la perdita del sé che Ripley deve scontare. Il “buco nero” è solamente accennato, in un inizio e un finale molto intensi. 

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 13 del 2000

Autore: Emanuela Martini

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