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2001. Odissea nello spazio

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su 2001. Odissea nello spazio

di VictorVenturelli
10 stelle

Spesso ci si chiede dove e come sarà l’uomo fra cinquant’anni, quali invenzioni e strumenti sofisticati porterà alla luce, quali aspetti della vita umana rimarranno tali e quali invece svaniranno. Potrà mai l’uomo evolvere continuamente fino a raggiungere l’apice della sua forza fisica, ma soprattutto intellettuale?
Questioni di cui si è dibattuto nei secoli in ambito filosofico e scientifico ma anche tra artisti e letterati.
Proprio tali quesiti portarono nel 1968 il regista Stanley Kubrick a scrivere la sceneggiatura (tratta da un soggetto del celeberrimo autore di racconti fantascientifici, Arthur Clarcke) del film che consacrò la sua fama negli anni a venire: 2001 Odissea nello spazio. Un viaggio attraverso l’evoluzione della specie umana, dai primordi dell’umanità fino ad un estremo futuro attraverso il progresso tecnologico e viaggi interspaziali.
Un film che analizza gli stadi della crescita intellettuale dell’uomo che, dalla cieca naturalità animale, si troverà proiettato in una realtà sempre più dominata dalle macchine e dalla loro evoluta “autocoscienza”.
Percorso arduo, imprevedibile, impervio che porrà i protagonisti della pellicola cinematografica a confrontarsi con nuove sfide ma soprattutto con loro stessi, in un viaggio senza fine attraverso l’ultima frontiera accessibile alla mente umana: lo spazio.
Kubrick riprende con estrema “leggerezza” ma allo stesso tempo con estremo rigore la filosofia nietzschiana del superuomo, convinto che esista un livello finale dell’evoluzione umana quasi impossibile da raggiungere.
L’evoluzione del concetto filosofico è attuata attraverso la presenza in numerose sequenze del film, da un monolito nero, ovvero il segno della fine di una fase evolutiva e l’inizio di una nuova.
Un altro tema importante del film è il rapporto uomo e macchina; HAL 9000, computer onnipresente e onnisciente, innesca una competizione mortale con l’essere umano, con lo scopo di restare l’unico in grado di raggiungere l’estrema conoscenza; sarà ancora una volta un atto di violenza, così come nella drammatica scena iniziale della battaglia fra i primati, ad elevare l’uomo come unico essere in grado di carpire il mistero gnoseologico che lega la propria esistenza.
Infatti il cosmonauta superstite protagonista della fase finale del film si vedrà catapultato in una dimensione sconosciuta ed onirica, in un ideale ritorno alle proprie origini.
Il viaggio si conclude con un ideale ritorno a casa, in una dimora terrestre dove tutto è ristabilito: un bicchiere si infrange al suolo, un corpo è soggetto all’invecchiamento; ma non è stato vano, la nuova conoscenza raggiunta a prezzo di prove terribili pone l’uomo oltre il tempo e lo spazio, oltre la vita e la morte, fornendogli un corpo nuovo, che è il corpo stesso dell’universo.
Uno dei messaggi del film che si possono cogliere è che l’uomo si è evoluto grazie alla sua maggior crudeltà, ogni atto di conoscenza è per Kubrick dolore, volontà, violenza e solo alla fine del viaggio, rigenerato dallo spazio, l’uomo sarà veramente libero perché non avrà bisogno di compiere gesti ignobili al fine di raggiungere la conoscenza.
Il regista britannico è fine ed elegante nella regia e nella scelta delle immagini profonde che pongono lo spettatore in uno stato di completo abbandono e immersione nella realtà rappresentata dalla pellicola.
Il regista è convinto della libera interpretazione della pellicola, dato che ha voluto “[…]tentare di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio.”

 

scritto da Victor Venturelli

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