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2001. Odissea nello spazio

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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Lao Fa

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su 2001. Odissea nello spazio

di Lao Fa
10 stelle

Ho ricevuto lettere di persone che, letta la mia lunghissima "opinione" su questo film (inserita quasi due anni fa e qui riproposta) mi ringraziavano per essere riuscite a capirlo meglio; altre rimanevano con il loro concetto negativo già formulato. Mi è stato per esempio detto che non è giusto che un film debba essere capito solo dopo avere approfondito tematiche e proponimenti del regista (anche quelli più ermetici)o risvolti e notizie normalmente difficili da acquisire. Personalmente, ritengo che se un'opera d'arte (per esempio un quadro) può ispirare istintivamente forti sensazioni in una persona che vi si accosti con la sensibilità giusta, quella stessa persona potrebbe arrivare a godere di più quell'opera andando ad approfondire il carattere dell'autore, i risvolti storici del periodo in cui il quadro era stato dipinto o quant'altro possibile. Vidi per la prima volta "2001" nel 1969, al cinema Royal di Roma, quando uscì in prima visione in Italia (mancavano pochi mesi al primo sbarco lunare). Poi, senza riuscire a muovermi dal seggiolino al termine della proiezione rimasi anche alla successiva. Tornai a vederlo il giorno dopo (ancora altre due volte) e, da allora, credo di avere rivisitato questo film decine di altre volte, anche se mai percepii in seguito un'emozione così grande, quasi scioccante, come quella della prima visione. Ho poi letto il romanzo omonimo di Arthur Clark (scienziato, scrittore e consigliere di Kubrick) e riascoltato spesso e volentieri le musiche della colonna sonora (attratto soprattutto dal "Requiem" di Ligeti). Le tematiche del film erano quelle che al tempo mi appassionavano e il rivederle tradotte in immagini e suoni (e silenzi) in quella maniera sconvolgente mi aveva trasmesso intensi brividi di emozione. "2001" non è un film per chi è abituato a seguire vicende al ritmo dei videogames e vuole sentire rumori di esplosioni anche nello spazio profondo e giungere a conclusioni definitive nell'arco di uno spettacolo. Abbracciando un periodo di molti milioni di anni (forse addirittura trenta) e considerando tale lasso di tempo solo come introduttivo alla successiva fase evolutiva della specie umana, occorre, in chi vuole capirlo un approccio mentale diverso da quello generalmente richiesto da altre opere più convenzionali. Non ho certo la pretesa (nè la voglia) di convincere chi non ha ancora avuto la fortuna di capire questo film (obiettivamente in certe parti non di immediata interpretazione) che si tratta di un'opera d'arte. Del resto, esistono pure persone refrattarie ad ogni stimolo indotto dall'arte, per le quali una sinfonia di Brahams o la Cappella Sistina non meritano la perdita neanche di un istante di tempo. Questa "opinione" può essere un modesto contributo per chi pur apprezzando "2001" ha ancora "zone d'ombra" da chiarire. Naturalmente, ciascuno può avere un'opinione critica personale e magari molto diversa. Non sono però d'accordo su chi insiste sul fatto che neanche Kubrik avesse idee chiare a proposito del suo film: andando ad approfondire il significato dell'opera, ci si rende conto che il presunto "ermetismo" del quale è accusata è spesso solo mancanza di volontà a fare uno sforzo per capirla. Il film può essere suddiviso in cinque sezioni ben distinte ma collegate fra loro, ancorchè separate dagli eoni di tempo racchiusi in un arco di milioni di anni. PRIMA PARTE: Durante l'"alba dell'uomo", gli ominidi conducevano un'esistenza grama tesa esclusivamente a conseguire la sopravvivenza quotidiana. Raggruppati di notte nelle caverne, ascoltavano angosciati i ruggiti del giaguaro che si avvicinava per reclamare la sua preda quotidiana. Un giorno, vengono messi di fronte ad un fatto inconsueto: un oggetto dalle forme aliene al paesaggio primordiale di quelle ere remote si para alla loro attenzione. Il monolito, con le sue forme polite e geometricamente perfette è logicamente un prodotto artificiale: infatti si tratta di una macchina sofisticatissima, lasciata da una razza aliena tecnologicamente avanzatissima per cercare di istigare nell'ominide la scintilla della coscienza di sè, quel tanto sufficiente ad innescare una spinta significativa all'evoluzione. L'acquisita capacità di ragionare porta l'ominide a cercare i mezzi utili a migliorare la propria condizione precaria in balìa degli elementi avversi, così egli impara ad usare un'arma: non solo per contendere le risorse vitali ai suoi simili, ma anche per dire una volta per tutte al giaguaro:"hai finito di venire impunemente dentro la mia caverna a mangiare i miei simili e a terrorizzarmi!" La scena dell'osso lanciato in aria dall'ex ominide, ormai avviato al raggiungimento di un nuovo stato di coscienza, e trasformato immediatamente in un satellite in orbita terrestre (un salto di milioni di anni in pochi secondi) è una delle scene che hanno fatto la storia del cinema. Comincia così la SECONDA PARTE del film, ambientata in pratica ai giorni nostri. Le belle scene delle navette e della stazione spaziale, muoventisi al ritmo spensierato del "Danubio blu", vogliono rendere l'idea di una fase acquisita di speranze positive per la razza umana. E anche di elevata conoscenza tecnica; elevata almeno quel tanto da poter capire che cosa sia stato rinvenuto sul suolo lunare. Sul satellite terrestre, uno scienziato è infatti inviato per prendere visione di una scoperta, resa possibile dal rilevamento di una forte anomalia al campo magnetico della Luna. Assieme ad altri scienziati e tecnici egli raggiunge la zona in cui è stato dissepolto un monolito di evidennte origine artificiale. Qui occorre notare che il monolito era stato dissepolto durante la lunga notte lunare, della durata di quasi un mese e ancora regnante durante la ricognizione degli scienziati. Quindi esso non era stato ancora toccato dalla luce solare. Il monolito (che noi spettatori sappiamo essere analogo a quello visto dagli ominidi) appare anche agli scienziati come l'evidente testimonianza del passaggio di una civiltà aliena progredita già milioni di anni prima. Nel frattempo il sole sta sorgendo dall'orizzonte lunare e quando i suoi raggi raggiungono il monolito esso, programmato proprio per questo, viene "ridestato" dalle radiazioni solari e lancia un segnale (lo stridio lacerante che investe gli scienziati nell'interfono della tuta spaziale) in direzione di Giove, captato dalle sonde in orbita attorno a quel pianeta. Il monolito aveva "dormito" per milioni di anni, in attesa, ed ora sta avvisando che l'uomo è arrivato allo stadio di evoluzione previsto. Chi stia avvisando, lo si scoprirà in seguito. E qui inizia la TERZA FASE del film: un'astronave, la "Discovery", viene inviata verso Giove per una missione ufficializzata come di normale esplorazione. A bordo c'è un equipaggio composto da due piloti in attività, da alcuni scienziati e tecnici ibernati e da un computer sofisticatissimo: Hall, dell'ultima serie 9000. La vita a bordo procede monotona e di routine, finchè il computer segnala una anomalia di funzionamento ad un elemento esterno della nave. L'elemento viene recuperato ed analizzato ma i due astronauti non vi trovano irregolarità presenti o indizi di possibili avarie future. Parlano allora fra loro, credendo di avere escluso Hall, e decidono che il computer deve essere disattivato (almeno nelle sue funzioni superiori) perchè potrebbe mettere il pericolo la "Discovery" e compromettere l'esito della missione. Hall interpreta il loro dialogo dai movimenti delle labbra. Nella drammatica uscita successiva dall'astronave per reinserire l'elemento esaminato, uno degli astronauti viene ucciso dallo stesso Hall che, contemporaneamente, disinserisce il sistema di sostentamento all'intero equipaggio ibernato. Si tratta di una scena impressionante in cui lo smorzamento graduale dell'oscillazione dei tubi catodici degli apparati di ibernazione trasmette l'idea dell'inesorabile smorzamento anche dei cicli vitali degli uomini ibernati che li occupano, comunicando anche un angosciante senso di inesorabile morte sopraggiungente. La sequenza di scene proposta all'esterno dell'astronave è invece mozzafiato: il silenzio, il senso del vuoto infinito, le distanze siderali, l'ambiente palesemente estraneo all'uomo, il corpo dell'astronauta ucciso inseguìto dalla capsula che tenta di recuperarlo e sembra anch'essa perdersi dnll'infinito mentre la "Discovery", unica possibilità di sopravvivenza, rimpicciolisce all'aumentare della distanza. Infine l'astronauta superstite (Dave Bowman) deve lasciare il corpo del compagno al suo destino, facendolo disperdere nell'abisso dello spazio. C'è ora il problema del suo rientro. Egli deve agire sul dispositivo a mano di apertura del portellone poichè Hall si rifiuta di spalancarlo e si deve far spingere da uno sparabulloni nell'interno della "Discovery". Infine, l'impressionante scena della disattivazione del computer. Sono state fatte molte disquisizioni sul comportamento di Hall e sul suo significato, arrivando a considerare questo episodio quasi come la parte più importante del film, il chè non è, anche ricordando che il lasso di tempo abbracciato da "2001" è di decine di milioni di anni. Mentre l'astronauta disattiva il computer, questi gli chiede perchè lo stia facendo: ammette di non essersi "comportato bene" ma, se errori erano stati commessi, lui non poteva averne colpa perchè questi dovevano essere addebitati esclusivamente agli umani! Infatti, Hall apparteneva ad una generazione di computer in grado di capire il comportamento etico degli esseri umani ma un errore fondamentale era stato commeso durante la sua fase di programmazione e Dave lo scopre quando, disattivato Hall (regredito ora a funzionare come un normale computer di bordo), ciò che era nella sua memoria viene rivelato: il vero scopo della missione non era solo quello di raggiungere una delle lune di Giove per normali indagini scientifiche, ma di indagare sulla presenza di una "ricevente" verso cui era stato inviato il segnale del monolito rinvenuto sulla Luna. Del vero scopo della missione erano a conoscenza Hall ed i soli uomini ibernati, mentre i due piloti dovevano essere tenuti all'oscuro della cosa fino all'arrivo nell'orbita di Giove. I principi superiori che governavano la "coscienza" di Hall avevano così creato un conflitto fra l'input a non rivelare il vero scopo della missione e quello di essere sempre e comunque "leale" con TUTTI i membri dell'equipaggio. Praticamente, un conflitto "interiore" aveva reso Hall paranoico. La regressione di Hall, a mano a mano che i suoi centri logici superiori venivano disattivati dall'astronauta superstite, fino a ridursi a cantare una filastrocca registrata quendo esso era ancora, in termini di programmazione, un "bambino", è un'altra delle scene memorabili del film. Tutto sommato però, in questo pericolo di un possibile conflitto fra uomo e macchina, il messaggio proposto dal film è che basta pur sempre un semplice cacciavite per rimediare: purchè non si abusi delle capacità umane senza conoscere a fondo ciò che si vuole creare. E così si entra nella QUARTA FASE del film: quella in cui le immagini mostrate vengono lasciate all'intuito dello spettatore, il quale però spesso, sebbene affascinato e rapito dalla sequenza delle scene, si trova in difficoltà di fronte al loro significato apparentemente ermetico. In realtà, intenzione di Kubrik era quella di girare effettivamente delle scene "realistiche" sull'incontro fra l'astronauta superstite (ormai simbolo dell'umanità allo stadio attuale dell'evoluzione) e dei creatori dei monoliti. Purtroppo lo sforamento del budget previsto obbligò ad un ridimensionamento dei progetti. La stessa meta finale della "Discovery" non doveva essere Giove, come poi realizzato nel film, ma Saturno: il costo però indusse i produttori ad optare per scene meno impegnative anche dal punto di vista tecnico. Comunque, le scene mostranti Saturno, parzialmente realizzate, furono poi utilizzate per un film successivo, "2002, seconda odissea" che però non aveva alcun legame con quello di Kubrik. NELLE SCENE DAL TAGLIO PIU' REALISTICO, l'astronauta Dave Bowman, ormai solo nell'infinito e rappresentante della razza umana, avrebbe trovato un monolito analogo su Giapeto, uno dei satelliti di Saturno: si trattava di una seconda "sentinella" in attesa di quell'incontro da milioni di anni. Quel monolito su Giapeto era la "porta per le stelle", un tunnel spazio-temporale attraverso il quale l'astronauta avrebbe raggiunto ciò che la razza aliena aveva lasciato: i resti ormai antichissimi della sua evolutissima civiltà tecnologica, di quando ancora operava con i monoliti-computer sofisticatissimi per instillare la scintilla della coscienza sui mondi giovani, avviandoli verso la Conoscenza. Quei resti erano ormai solo resti archeologici abbandonati già in un passato remoto perchè, nel frattempo, quella razza aliena, dopo avere attraversato l'era dello sviluppo del pensiero razionale e tecnologico, si era ulteriormente evoluta lungo la scala di progressione verso la meta finale della comprensione dell'universo: era divenuta pura energia, ancor più vicina allo stadio finale propriamente spirituale. NEL FILM QUESTA PARTE E' LASCIATA ALL'INTUITO DELLO SPETTATORE. Una interpretazione (in parte appoggiata al libro di Clark che è derivato dal film) è la seguente: Dave Bowman, ormai simbolo dell'umanità, raggiunge lo stesso, attraverso un tunnel spazio-tempo (ricordare la sequenza degli effetti ottici di velocità "iperspaziale") il luogo preposto all'appuntamento con le entità aliene. L'incontro era atteso per qualche anno prima (poca cosa in un arco di milioni di anni) e ciò è simbolicamente espresso dalla mobilia in stile rococò dell'appartamento in cui Dave infine approda. Nel comodo ambiente (che configura la stessa Terra) l'astronauta-umanità lascia trascorrere gli ultimi periodi della sua transizione conducendo una vita comoda e agiata, ma di attesa. La vecchiaia di Dave è quella dell'umanità allo stadio attuale (egli, ormai troppo vecchio, non riesce a rimediare al bicchiere caduto a terra) necessitante di una trasformazione evolutiva. Un altro monolito gli si para dinnanzi come quello che era comparso agli ominidi. Pur nel suo gradino evolutivo superiore a quello degli ominidi, egli sta per compiere lo stesso passo che fecero i suoi antichissimi antenati abitatori delle caverne verso un livello di coscienza ancora superiore. Infine Dave Bowman muore, di fronte al monolito. Qui inizia in pratica la QUINTA FASE del film (l'ultima) ma essendo questa ridotta ad un'unica, seppure grande scena nel finale della proiezione, spesso può passare inosservata, pur essendo forse la più importante per capire appieno il significato del film: Dave muore come essere umano ma per rinascere come essere "super-umano" : come l'uomo attuale ha saputo sollevarsi dallo stadio di ominide, il "super-uomo" sale di un altro gradino sulla scala evolutiva.Nel suo liquido placentare, sullo sfondo dell'universo, si staglia il "Bambino delle Stelle", coi tratti somatici indubbiamente di Dave, dotato di coscienza superiore, capace di fargli meglio capire il significato dell'Universo. Dallo stato di ominide, passando per una fase evolutiva di milioni d'anni fino all'epoca attuale, per arrivare all'umanità in sintonia con l'universo ed oltre, in un film che considero in assoluto il più bello che abbia mai visto. In quanto al messaggio lanciato dal film, credo si possa qualificare non come evoluzionistico in senso darwiniano o panteista ma di tipo finalistico. Credo che possa essere considerato una grande opera d'arte del '900.

Sulla trama

Voto complessivo al film (imagini, musica, silenzi e messaggi allo spettatore): 10/10 (voto meritato dalle vere opere d'arte)

Sulla colonna sonora

Assolutamente affascinante: da brividi le progressioni nel "Requiem" per soprano, mezzosoprano, due cori misti e orchestra di Ligeti, sia nel dare "voce" alle profondità dell'universo che per accompagnare i ritmi blandi del lavoro di routine sulla "Discovery". Le fasi del film scandite dal "Zarathustra" di Richard Strauss sono legate alla comparsa dei monoliti con sconvolgente efficacia mentre il "Danubio blu" accompagna i movimenti armoniosi delle navette spaziali in una fase (epoca) quasi di spensierata gaiezza, confidante in uno sviluppo armonioso delle scienze e delle tecniche.

Cosa cambierei

Del film assolutamente nulla. Eviterei anche (qualora ciò fosse possibile) una variante introducente scene "realistiche" nel contatto con gli alieni creatori dei monoliti, così come sarebbe stato fatto se il budget non fosse stato sforato. Ciò che cambierei sarebbe invece la tendenza ormai diffusa in tutti i film di fantascienza (anche quelli più pretenziosi e costosi) di riempire di rumori, sibili ed esplosioni scene che invece dovrebbero procedere nel silenzio più assoluto, mancando ovviamente, nelvuoto spaziale, un veicolo denso per farle propagare. Ci fosse un film in cui non si sentano rumori e vibrazioni nello spazio profondo: ormai i produttori ed i registi credono che gli spettatori siano tutti bambini che se non sentono rumore non si divertono. E pazienza per "Guerre stellari", preso come fiaba; ciò non è invece tollerabile con film come, per esempio, "Abbandonati nello spazio", dove il fruscio della navetta è pure amplificato con fastidiosissimi e subitanei effetti sonori ridondanti; oppure il già citato "2002, seconda odissea", pellicola gradevole e ben fatta che però per me si squalifica con quelle assurde esplosioni atomiche rimbombanti nello spazio profondo! Ma prendete proprio "2001" come riferimento: i brividi maggiori arrivano da scene in cui il silenzio assoluto rende l'idea dello spazio vuoto e crea effetti sconvolgenti. Per esempio, la scena del rientro dell'astronauta nella "Discovery": esso viene proiettato nel vano interno all'astronave da uno sparabulloni, in un silenzio assoluto che permane quando lui, una volta dentro, riesce a chiudere il portellone ed aziona l'erogatore d'ossigeno: il rumore sale di tono a mano a mano che la densità dell'aria aumenta nel vano!! Altro che esplosioni atomiche nello spazio rintronanti a tutto volume!! Del resto, il film è fatto da scienziati per un pubblico che sappia apprezzare scene realistiche e che forse riceve sensazioni più forti di quanto non accadrebbe se fosse bombardato dai risibili effetti rumorosi imposti dai produttori (soprattutto Hollywoodiani)

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