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Roma ore 11

Regia di Giuseppe De Santis vedi scheda film

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La recensione su Roma ore 11

di bellahenry
9 stelle

Un capolavoro riscoperto e da riscoprire.

Sì perche di questo si tratta questo film di De Santis, girato in pieno periodo Neorealista e da uno dei maestri del genere. Possiamo parlare anche di uno dei precursori degli istant-movie che tanto piaceranno negli anni 70 (in particolare a Lizzani grande ammiratore di De Santis).

Andiamo per ordine.

Il film parla di un importante fatto di cronaca accaduto nel ’51, 250 – 300 ragazze in attesa per un colloquio di lavoro per un UNICO posto di dattilografa si ritrovano su una vecchia scala. Questa cede causando la morte di una giovane e molte ferite. La notizia creò scalpore (soprattutto da un lato politico) sia per la tragica fatalità ma più per il ritratto dell’Italia senza opportunità di lavoro.

Una ghiotta occasione per il regista che già aveva raccontato il mondo rurale con RISO AMARO per raccontarci la città e la migrazione dalla campagna alla città ma anche: il ruolo delle donne in una società maschilista, le opportunità di lavoro per i giovani, i rapporti tra classi sociali.

De Santis si segnò subito questa storia per un suo possibile film e, appena ebbe possibilità di realizzarlo, mandò un giovanissimo Elio Petri, all’epoca collaboratore de L’Unità ad intervistare porta a porta tutte le protagoniste della vicenda.

Il risultato è grandioso.

Il film potrebbe essere diviso in due parti. Abbiamo la prima che è un quadro magnifico dell’Italia contemporanea. Vengono raccontate tante storie di ragazze molto diverse per origini e classi sociali ma tutte accomunate dal bisogno di lavorare, da una totale sottomissione all’uomo (che sia il padre, marito o semplicemente un passante, e una tristezza di fondo.

Nella seconda, dopo l’incidente, viviamo le diverse reazioni delle ragazze ma il punto centrale è l’indagine e la ricerca maniacale di un colpevole come viene detto espressamente da un giornalista “la gente vuole sapere con chi se la deve prendere”. I politici vogliono scaricare la colpa, i giornalisti vogliono un colpevole, la povera gente vuole solo cure e lavoro. E non otterranno nessuna delle due.

Lo stile di De Santis è si di richiamo Neorelista ma il regista non perde occasione di giocare con la telecamera, soprattutto sulle scale con inquadrature con ottimo senso visivo e scene di evidente finzione teatrale che non fanno perdere comunque al film la sensazione di reale ma con una regia fresca e veloce.

Un tristissimo spaccato dell’Italia del tempo , reso ancor più deprimente per la dolora attualità dei fatti, dei personaggi e delle situazioni.

Per me una piacevole sorpresa e sicuramente un film imprescindibile della cinematografia italiana anche se al tempo maltrattato da critica e istituzioni per ovvi motivi.

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