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Il miglio verde

Regia di Frank Darabont vedi scheda film

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GARIBALDI1975

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La recensione su Il miglio verde

di GARIBALDI1975
8 stelle

Sono trascorsi cinque anni tra Il miglio verde (1999) e il precedente film diretto da Frank Darabont, Le ali della libertà (1994). Entrambi i film basati su libri dal tema carcerario del noto scrittore Stephen King.
Sarebbe troppo facile sviluppare l'equazione
Frank Darabont = Stephen King + tema prigione.


"Il miglio verde" risente delle suggestioni che derivano dal precedente film di Darabont. Come quest'ultimo esalta e nobilita il desiderio umano di libertà che vince sulla crudeltà e la stupidità. Ma si differenzia per uno stile più malinconico. Infatti, questo film, a differenza del primo, sembra un malinconico sermone in una chiesa presbiteriana del sud degli U.s.a. Il film risente di un certo conformismo, perbenismo puritano, tutto americano. Mantiene una visione veterotestamentaria del bene e del male; raffigura uomini "perbene" giustiziati e uomini divinamente puniti con la longevità, anche se quest'ultimi uccidono un operatore di miracoli, John Coffey, dallo sceneggiatore raffigurato come un innocente figlio di Dio. Insomma un'esaltazione del martirio, dal significato mistico- religioso, insomma un giusto di Dio (un quasi angelo, rimasto in terra) che viene condannato a morte dalla macchina della giustizia umana, fallace, imperfetta e anche peccatrice, che in nome di una giustizia -ingiusta- perseguita e uccide innocenti, anche se sono figli spirituali di Dio con poteri miracolosi. Il film rappresenta uomini e donne che frequentano la chiesa come dignitosi e onesti; tutti gli altri, invece, sembrano essere nati dannati, fuori dalla grazia di Dio e quindi capaci, in nome della dea giustizia, di 'abbrustolire' anche dei poveri innocenti. Il film è ricco di pregiudizi e stereotipi sottili. Le uniche persone nel film che sono viste come il MALE sono Wild Bill e Percy; tutti gli altri sono vittime o spettatori inermi del sistema giudiziario.

Poi i detenuti nel braccio della morte sembrano essere più innocenti di quelli che stanno fuori. Ad esempio, i detenuti interpretati da Michael Jeter e Graham Greene non sappiamo e non ci è dato di sapere quali crimini abbiano commessi per essere stati condannati a morte. Ma non ci è dato di conoscere i loro crimini non per dimenticanza, ma per non infangare il messaggio che -prepotentemente- deve essere confezionato . Questo non è un modo leale di trattare il pubblico spettatore. Mi piace il messaggio, impegnato, ma non mi piace il modo in cui è imposto allo spettatore, confezionato e troppo inverosimile. Ma ora basta con gli aspetti deboli del film ... arriviamo a quelli positivi!


Il miglio verde è un film ben fatto dal punto di vista oggettivo, non intendo discuterlo, è tra i miei film preferiti. Frank Darabont sa dirigere, anche l'immagine del topolino risorto e la moglie malata di cancro che risana danno una visione emotivamente ottimista al film. Tutti gli attori hanno dato buone interpretazioni, Michael Clarke Duncan (nella parte del gigantesco uomo nero, John Coffey) è lento a comprendere e infantile, come un docile agnellino, la cui unica richiesta è quella di lasciare una luce accesa di notte, perchè ha paura del buio. Il personaggio di John Coffey è tra i più commoventi che abbia mai visto nella storia del cinema. Va oltre ciò che è comprensibile alla mente umana. Arriviamo ad avere empatia per il gigante nero (che ci appare buono) quando guardiamo il placido faccione di John Coffey mentre compie il miracolo di curare Paul Edgecomb (Tom Hanks) dalla infezione alla vescica. Così scatta l'elemento soprannaturale che riempie la seconda parte del film, che ci conferma che John Coffey non è un uomo cattivo. Naturalmente, tutto ciò porta al tumulto emotivo per Paul e le sue guardie in quanto non solo, nel frattempo, sono divenuti amici e confidenti di John Coffey, ma anche perchè hanno l'ingrato compito di essere i suoi carnefici pur sapendo che in realtà egli è incapace di fare del male.


E' interessante come questo film tratto da un romanzo di Stephen King, abbraccia il soprannaturale senza inserire alcuna scena horror. Invece l'orrore in realtà proviene dalle esecuzioni sulla sedia elettrica; inquietantemente scioccante soprattutto quella che viene eseguita male a causa di Percy, il secondino malvagio.


Anche questo film, come tutti quelli tratti dai romanzi di Stephen King, ha la caratteristica di avere una trama poetica, mistica e diabolica contemporaneamente. E' certamente un film che fa riflettere lo spettatore e non lo lascia mai indifferente.

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