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Una storia vera

Regia di David Lynch vedi scheda film

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La recensione su Una storia vera

di maso
8 stelle

Abituati come siamo a vedere in un film di Lynch la rappresentazione delle perversioni  umane mediante immagini urlate a squarciagola spesso disturbanti e al limite del digeribile a livello logico, ci sembrerà incredibile che abbia potuto partorire un film lineare e tenero come questo, visto che “Una storia vera” è un racconto di vita vissuta che potrebbe esser facilmente inserito in un trafiletto a pagina nove del Corriere della sera.
L’ambiente rurale e placido dell’America con la faccia pulita ma pur sempre emaciata dalle sue contraddizioni ed emarginata dai grandi spazi che intercorrono fra un punto e l’altro, fa da cornice all’avventura on the road all’andatura sostenuta di 20 chilometri orari del nostro simpatico eroe della terza età di nome Alvin che ormai conscio del poco tempo a disposizione rimastogli decide di risanare una ferita che non vuole portarsi nella tomba aperta, ossia conferire parola con il fratello con cui non parla da anni a causa di un alterco.
L’anziano fattore decide di colmare il gap stradale che lo separa dal fratello in maniera del tutto anticonvenzionale, visto che come mezzo di trasporto sceglie un minuscolo trattore rasa erba a cui attacca un cigolante trailer riempito con il necessario per affrontare il lungo e soprattutto lento viaggio attraverso la campagna americana.
L’affettuosa figlia e i vecchi amici cercano in un primo momento di dissuaderlo a non intraprendere questa bizzarra avventura ma poi capiscono che la cosa per
Alvin ha più valore della vita stessa e cominciano ad incoraggiarlo.
Il viaggio ricopre la quasi totalità del film ed è un occasione per Lynch di fare una riflessione sulla estemporaneità della vita e per poter descrivere l’America a cavallo di una macchina agricola immersa in una natura coltivata lontana dalle cattedrali di cemento nelle grandi metropoli, ed ha anche il tempo di concedersi una scena di suspance che avrebbe mandato in sollucchero il grande Hitchcock poiché siamo abituati a vedere giovani spericolati percorrere a tutta birra una discesa insidiosa con i freni squagliati ma non si era mai vista in un film una sequenza in cui si rischia lo stesso effetto e ha come protagonista un anziano agricoltore a cavalcioni di un lento trattore.                    
Il film comincia e finisce con un manto di stelle che riesce a dire tutto senza dire niente: anche un nostro sommo poeta concludeva la sua opera magna con la frase “E tornammo a rimirar le stelle” ma la sua arma era la penna mentre quella di Lynch è una telecamera e anche se questo film non è il suo capolavoro resta comunque un’opera importantissima nella sua filmografia perché dimostra che un regista visionario come lui è capacissimo di dare anche una rappresentazione nuda e cruda della vita reale lasciando per una volta nella credenza della sua mente il nonsense e il surreale.

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