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Fight Club

Regia di David Fincher vedi scheda film

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La recensione su Fight Club

di deepsurfing
7 stelle

 

A prima vista, un thriller molto originale e ben confezionato, che colpisce come un pugno, tiene incollati allo schermo e si beve tutto d'un fiato. Alla fine, però, rimane un retrogusto un po' artificiale: l'impressione di aver assistito a un trucco, uno spettacolare trucco da bravo prestigiatore. Il trucco non è tanto nella regia di Fincher (al solito efficace e spettacolare), quanto nell'ideologia implicita nella storia di Palahniuk, che, a mio avviso, è l'aspetto più interessante e forse più pericolosamente ambiguo del film.

Quella del Fight Club è una lotta del protagonista contro se stesso e contro il Sistema. Contro se stesso, perché bisogna sradicare drasticamente tutte le piccole sicurezze, le comodità, il buon senso e i compromessi dello spirito di sopravvivenza; bisogna insomma combattere il freudiano principio di realtà come grande alibi per crogiolarsi in quella che Nietzsche chiamava la morale dello schiavo. Ma, abbandonati i sani compromessi della vita nel gregge, ciò che rimane non è il principio del piacere, quanto il nichilismo liberatore del superuomo che non teme più niente perché sa di non avere e di non esser niente, solo un mucchio di tessuti organici destinati a marcire.

La lotta contro se stesso diventa lotta contro il sistema – cioè un'economia basata sulla logica del profitto (che riduce i difetti mortali delle auto a statistiche) e sull'obbligo del consumo (che ci trasforma tutti in complici con carte di credito). Il Fight Club propone la rivoluzione romantica dell'anarchia: le bombe come rigenerazione. Nel film sono sono bombe “buoniste”, piazzate in edifici vuoti. Ma lo spettacolo del crollo non può non evocare l'immagine del crollo vero avvenuto due anni dopo, organizzato e realizzato da uomini che avevano la stessa determinazione da fondamentalista degi adepti del Fight Club. La differenza è che si sa bene qual è il fine ultimo del terrorismo fondamentalista islamico: estirpare senza pietà l'Occidente-Satana dalla faccia della terra in nome dell'unico dio, in nome cioè di un'altra grande alienazione. Qual è invece il fine del Fight Club? Il colpo di scena finale farebbe pensare che anche del superuomo nichilista ci si deve liberare con un gesto ancora più coraggioso e masochista. E poi? Ci ritroviamo tutti in quel “deserto del reale” che Morpheus mostra a Neo in Matrix, e dobbiamo ricominciare una nuova civilizzazione attraverso la rinuncia e la liberazione sadomasochistica?

La mia impressione è che tutto questo sottotesto ideologico sia solo un ingrediente per rendere più interessante un ingegnoso thriller psicologico, il solito entertainment da consumare per sublimare l'insoddisfazione e rimanere docili pecore nel comodo ovile del Sistema.

 

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