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Fight Club

Regia di David Fincher vedi scheda film

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La recensione su Fight Club

di barabbovich
2 stelle

Un annoiato yuppie newyorchese (Edward Norton) ravviva le sue giornate frequentando gruppi di malati terminali, fino a quando non incontra il sedicente Tyler Durden (Brad Pitt), con il quale fonda il Fight club, una sorta di massoneria i cui membri - accomunati da un progetto neo-luddista - provano l'emozione di esistere massacrandosi a pugni nudi. Sotto la guida del "messia" Durden, la cellula primaria del Fight club fa proseliti in tutti gli States, mette a segno, uno dopo l'altro, efferati atti terroristici e diventa una scheggia impazzita ed irrefrenabile di una società alienata e allo sbando. Quando il nostro yuppie si rende conto che Durden è soltanto una proiezione della sua mente, un effetto del suo io-diviso e della sua schizofrenia, è forse ormai troppo tardi per tornare indietro.
Qualcuno lo ha definito "una parabola dark e paradossale sull'alienazione prodotta dall'onnipotenza dell'economia. Violento, ma con humour" (Lastrucci) ma si fatica davvero a trovare un barlume di umorismo in un film che ha tutti i crismi dell'ideologia dell'ultradestra conservatrice: critica alla società capitalista in favore di un ritorno neo-francescano alle origini, esaltazione sperticata della violenza e dei riti di iniziazione come prova della dignità della propria esistenza, mito dell'ultrauomo. Peccato che la categoria destra-sinistra sia, nel duemila, del tutto sorpassata ed inadeguata per definire un film diseducativo, girato male, lento, magniloquente, teso soltanto alla provocazione: prova ne sia che Roberto Silvestri, il critico del Manifesto opportunamente turlupinato da Nanni Moretti in Caro diario, lo ha definito uno dei film "più commoventi, etici […] visti al Lido", sprecando per questa spacconata anche l'aggettivo "poetico". Brutto il film, ma brutta anche l'idea (la sceneggiatura è di Jim Uhls), con Norton che veste ancora una volta i panni dello schizofrenico dopo l'esordio di Schegge di paura. Rimane da chiedersi dove andremo a finire: trent'anni fa ci scandalizzava il burro che Marlon Brando riponeva nell'ano di Maria Schneider in Ultimo tango a Parigi. Negli anni ottanta ci sembrava violentissimo Platoon e ci infastidivano la televisione di Donatella Raffai e programmi come Colpo Grosso. Oggi abbiamo fatto il callo a film come Crash, Assassini nati e Fight club, alla pubblicità delle linee erotiche e alla faccia di Maria De Filippi e abbiamo eletto a nuovi messia della sinistra gente come Serena Dandini e Fabio Fazio. Di questo passo, il cinema di Clint Eastwood - per recuperare quella famosa e vieta categoria - ci sembrerà roba di ultrasinistra?

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