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Il grido

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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La recensione su Il grido

di degoffro
8 stelle

Un uomo e la sua disperazione. Aldo, dopo sette anni di convivenza con Irma, dalla quale ha avuto una figlia, Rosina, viene improvvisamente abbandonato dalla donna (un'intensa e dolorosa Alida Valli), la quale ha scoperto che il marito, che era partito per l'Australia per lavoro, è morto. Aldo è incredulo ed incapace di accettare la scelta così fulminea e all'apparenza ingiustificata di Irma. Vorrebbe cercare di capire, trovare una spiegazione ad un gesto tanto inatteso e sconvolgente. Preso dalla rabbia, vista l'impossibilità di riallacciare il rapporto con Irma, e soprattutto vista la reticenza della donna a motivargli la sua decisione, la schiaffeggia ripetutamente in mezzo alla folla in paese, in una sequenza di estrema forza emotiva, ottenendo l'effetto contrario. Inizia così per lui un'autentica odissea per la Padania, vagabondando con la figlia alla ricerca di una donna che possa prendersi cura di lui, ma i diversi incontri che fa non lo aiutano a superare la depressione nella quale è irrimediabilmente caduto, portandolo sull'orlo dell'abisso. Il devastante amore per Irma e l'incapacità di accettarne la drammatica fine e la sconvolgente scoperta che la donna si è ricostruita una nuova vita con un altro uomo dal quale ha avuto un figlio, lo spingeranno al gesto più estremo. Il giovane Antonioni racconta con uno stile personale la straziante crisi di un uomo (notevole l'interpretazione di Steve Cochran). Il film si potrebbe dividere in quattro capitoli, quante sono le donne che segnano la vita di Aldo: Irma, il vero amore, la causa del suo dolore profondo ed inconsolabile, del suo pianto disperato, del suo totale annientamento e vuoto, privato ormai del benché minimo desiderio di vivere o di ricostruirsi una nuova possibilità esistenziale; Elda, la vecchia fiamma (partecipazione straordinaria di Betsy Blair), da sempre innamorata di Aldo, ma ormai decisa a continuare senza di lui; Virginia, donna sola come Aldo, (bella e toccante interpretazione di Dorian Gray, doppiata da Monica Vitti) lavora in un distributore, ossessionata da un padre ormai anziano: sarà la causa della separazione tra l'uomo e la figlia, che sorprende i due abbracciati appassionatamente. Aldo, senza lavoro, senza obiettivi, senza futuro, ormai in rotta anche con la figlia, nel frattempo mandata dalla ben più responsabile madre, si trova a condividere l'ultima parte del suo vagare con Andreina, ragazza piuttosto sbandata e come le altre incapace di sanare la sua inguaribile sofferenza. Aldo, schiacciato dal passato, si preclude ogni possibilità e speranza per il futuro, incapace di ritrovare un motivo, un appiglio che lo spinga a ricominciare, lo aiuti a riprendere dimenticando Irma: anche la figlia diventa quasi un peso, un ostacolo forse perché le ricorda troppo ciò che non riesce a cancellare. Antonioni, grazie ad una sceneggiatura psicologicamente attenta ed efficace, (opera dello stesso Antonioni, di Elio Bartolini e Ennio De Concini) descrive l'impossibilità di un uomo di accettare un suo fallimento, di dare un nuovo senso ai suoi sentimenti, di reagire ad un dolore improvviso e all'apparenza immotivato, di condividere con altri la sua stanchezza esistenziale e la sua crisi profonda e devastante. Ed i freddi e invernali paesaggi in cui Aldo vagabonda sono lo specchio evidente e spietato dell'anima di un uomo solo e inconsolabile. Un film difficile, lento, a tratti esasperante nei suoi silenzi, come molto del cinema del maestro ferrarese, ma anche piuttosto audace, soprattutto nel personaggio di Irma e comunque già assai crudele nell'analisi della psicologia e della debolezza umana. Gran Premio della critica al X Festival di Locarno, Nastro d'argento alla fotografia di Gianni De Venanzo, ottime musiche di Giovanni Fusco con al pianoforte Lya De Barberiis.
Voto: 7+

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