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Eyes Wide Shut

Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film

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La recensione su Eyes Wide Shut

di Utente rimosso (andreona)
10 stelle

Alice: Milioni di anni di evoluzione, vero? Vero? Gli uomini lo infilano dovunque possono, ma le donne pensano solo alla famiglia, alla fedeltà e chissà quali altre cazzate!
Bill: Troppo semplificato, Alice. Ma sì, qualcosa del genere.
Alice: Se voi uomini solo sapeste!
 
 
Due anni dedicati al lavoro di sceneggiatura, un anno e mezzo di serratissime riprese e un altro anno di post produzione, tanto ci è voluto a Kubrick per dare alla luce l'adattamento di Doppio sogno di Arthur Schnitzler. Dal progetto che il regista coltivava da oltre venticinque anni, ma che riuscì a realizzare soltanto poco prima di morire, risulterà l'ultima, la più cerebrale e controversa opera della sua carriera. Ambientato nella New York degli anni Novanta, Eyes Wide Shut è, innanzitutto, un'analisi psicoanalitica sulle origini, le conseguenze e le modalità di elaborazione del conflitto insorto in seno ad una coppia alto-borghese, ma è anche un ritratto impietoso del contesto socioculturale che di quel conflitto costituisce il terreno di coltura e che vede nell'emancipazione femminile una grave minaccia per l'equilibrio psichico del maschio. Rispecchiando l'eterna contrapposizione tra il decrepito pregiudizio maschilista - che relega la donna al ruolo di madre e moglie fedele - e la costante necessità, tutta femminile, di affermare l'autonomia di scelta e di pensiero, l'incomprensione tra il dottor Bill Harford e sua moglie Alice (gli alter ego kubrickiani di Albertine e Fridolin) acquista una valenza antropologica. Oltre a ritenere le donne poco interessate al sesso, Bill è convinto che il ruolo di moglie e madre sia di per sé una garanzia di fedeltà coniugale. Infastidita da tanta presunzione, Alice confessa un'avventura erotica solo fantasticata, ma abbastanza reale da privare Bill delle sue certezze borghesi e gettarlo nello sconcerto. A questo punto la crisi di coppia si dipana su due binari paralleli: una catarsi interamente onirica per Alice, con il doppio significato di realizzazione del desiderio represso e rivalsa nei confronti del marito, un viaggio 'gonadico' e fortemente alienante per Bill, che lo condurrà dritto al marciume annidato fra le pieghe del perbenismo borghese.
Già, il perbenismo, da sempre uno dei principali bersagli di Kubrick; se in Lolita ne vengono derisi i risvolti pedofili, ne Il dottor Stranamore e Full Metal Jacket quelli guerrafondai, in Barry Lyndon è la volta delle miserie umane, opportunamente incipriate, nell'Inghilterra classista del Settecento. In Eyes Wide Shut, Kubrick svela le perversioni sotterranee dell'alta società newyorchese, avvalendosi della figura di Victor Ziegler (importante aggiunta rispetto al racconto di Schnitzler), ricco e accomodante faccendiere attempato nonché membro della setta di facoltosi e potentissimi camaleonti, che si dividono abilmente tra feste natalizie e orge mascherate dalle tinte sataniche. Se da un lato Ziegler rappresenta l'emblema del mascheramento sociale, dall'altro Bill Harford conduce un'esistenza limpida, improntata sull'esercizio delle convenzioni sociali e priva di qualsivoglia retroscena; non vi è molto dietro la facciata delle buone maniere - soltanto un uomo senza lode né infamia, dalla personalità inconsistente che confonde la realtà con le apparenze. In questo senso il titolo Eyes Wide Shut (trad. occhi spalancati chiusi) sembra cucito addosso al protagonista, che processa la realtà e persino gli affetti attraverso il filtro del perbenismo borghese. Ecco allora che Bill è ridotto a maschera per buona parte del film, la stessa indossata da individui come Victor Ziegler per dissimulare i propri vizi. Il misterioso ritrovamento della maschera sul suo cuscino coincide pertanto col ritrovamento di sé.
Nicol Kidman eccelle nei panni della sensuale e raffinata Alice Harford; la sua recitazione, spontanea e disinvolta, si contrappone a quella volutamente stereotipata e a tratti enfatica di Tom Cruise, adatta a un personaggio – come quello di Bill Harford - schiavo dei codici comportamentali. Lo smarrimento interiore di Bill è reso magistralmente dalla mimica facciale di Tom Cruise e sottolineato dall'ansiogena Musica ricercata di György Sándor Ligeti. Ottima la scelta dei comprimari: il compianto Sydney Pollack sopra tutti, ma anche Todd Field, la cui bonaria spontaneità si addice alla figura dello stralunato Nightingale/Nachtigall. Azzeccatissimo, infine, il duo composto da Rade Serbedzija e la ninfetta Leelee Sobieski. Malgrado sia presente anche nel racconto originale, la tappa al negozio Rainbow sembra una rivisitazione ancor più sinistra di Lolita, in cui Milich/Humbert ricopre il doppio ruolo di padre e pappone. Il volto esterrefatto di Bill di fronte alla 'proposta indecente' del negoziante rappresenta l'unico residuo di sarcasmo in un film altrimenti glaciale. E se è vero che nessun sogno è mai solamente un sogno, allora la fedeltà coniugale non esiste, però alla sbandata si può sempre (tentare di) rimediare con una scopata, naturalmente tra coniugi, magari sulle note del Valzer n. 2 di  Šostakovi?.
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Spietato, come è giusto che sia.
 

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