Regia di Werner Herzog vedi scheda film
Herzog è sicuramente tra i miei registi preferiti per stile, poetica, ricerca. L'indagine a tutto tondo sui limiti e confini dell'uomo lo porta spesso in territori inesplorati, interrogandosi e interrogandoci sul senso della vita e sul rapporto con l'ambiente, sovente crudele, spietato e prevaricatore. La spaccatura tra verosimiglianza e realtà, la concezione personalissima della verità, il senso e il potere delle immagini da sempre lo hanno spinto a giocare a rimpiattino tra documentario e finzione. Stroszek ne è esempio calzante a partire dal protagonista, il cui vero nome è proprio quello riportato nel titolo e a cui vanno ricondotte anche alcune vicende raccontate nella pellicola. Tristissimo e amaro ritratto della negazione di speranza e riscossa di un miserabile in cerca di dignità e realizzazione dei propri sogni. Denuncia di una società violenta e ambigua, a prescindere che si viva a Berlino o negli Usa, il film attacca all'arma bianca il sistema, sia esso sfacciatamente crudele (il riferimento al nazismo è terribile) che sottilmente cicnico e vessatorio (le banche, le ipoteche e l'America tutta - non solo quella capitalista - a maltrattare i poveracci). Visionario e angosciante il surreale delirante disilluso e celeberrimo finale.
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