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La conversazione

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su La conversazione

di hallorann
10 stelle

Intercettazioni, argomento scottante e di attualità perpetua nel nostro paese. Nel 1973-74 in America ci fu il caso Watergate e THE CONVERSATION capitò a fagiolo. Dall’elaborazione di un corto giovanile NO CIGAR, Francis Ford Coppola partorì l’idea per il film, più svariate suggestioni alla Hitchcock e influenze di Antonioni. Presso la Union Square di San Francisco gli uomini dell’investigatore privato Harry Caul sono in azione per intercettare una presunta coppia di amanti che passeggia tra la folla della piazza. Caul è un uomo schivo e riservato nel privato, meticoloso e paranoico come nel lavoro. Le registrazioni della conversazione e la consegna dei nastri al segretario dell’uomo potente mandante dell’incarico lo coinvolgono e ossessionano sempre più febbrilmente. Il passato di Harry, il presente inquietante e il futuro compromesso saranno fatali per la sua professione di intercettatore.

La prima parte de LA CONVERSAZIONE prepara la seconda, esplosiva e sconvolgente per lo spettatore e per il protagonista. Lo spionaggio e il mistery si trasformano in un thriller tagliente dall’animo europeo ma dal corpo americano. Come d’altronde tutti i film dell’epoca di Coppola. Senza il successo inaspettato e clamoroso de IL PADRINO non avrebbe mai potuto esserci questo capolavoro (non a caso) premiato a Cannes. Il Caul interpretato da Gene Hackman conduce un’esistenza grigia, blindata, schiava dei mezzi che utilizza per intercettare, vive come in un circuito televisivo chiuso e prevedibile, fino a quando da intercettatore diventa intercettato e ingannato. Lui e il film sono una metafora della società che sta mutando pelle, le tecnologie oggigiorno moltiplicate alienano l’uomo e lo rendono un automa senza sentimenti, fino a che la curiosità (come nel caso di Harry per i protagonisti del suo lavoro su commissione) gli faranno riaprire gli occhi e far sbattere il muso su una umanità e una realtà agghiaccianti e senza scrupoli. L’oggetto della sua pietas (intuiamo che la conversione cattolica sia stata recente e dovuta ad un fatto accaduto in passato, che gli ha scosso la coscienza) si rivela sbagliato, ma ugualmente lo fa cadere in un baratro. La tecnologia è un mezzo non un fine per intercettare la malvagità umana. Le immagini clou e rivelatrici di inganni e misteri sono filtrate da vetri trasparenti, e i muri penetrabili solo con uno strumento. Idem i rapporti umani, le poche relazioni sociali di Caul hanno sempre un doppio fondo, un filtro oppure come la cimice nel finale non si fa trovare neanche sotto le apparenze e la sostanza materica. Un enigma insoluto. Opera che ha mantenuto intatto il fascino, anche solo esclusivamente sonoro. La musica di David Shire, un assolo di pianoforte o il sax solitario suonato da Harry su brani jazz comunicano il senso di straniamento, solitudine e inquietudine del personaggio e della vicenda incubo. Straordinario il montaggio di Walter Murch, eccellenti le scenografie di Dean Tavoularis e tutte le interpretazioni.

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