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Idioti

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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La recensione su Idioti

di hallorann
8 stelle

“Non avrai altro Dio al di fuori di Dogma 95…”, così più o meno recitava il manifesto programmatico del danese Lars Von Trier una decina di anni fa. Dieci regole ferree come i dieci comandamenti, da osservare rigidamente e scrupolosamente, tra le altre: rispetto delle tre unità (tempo, luogo, azione), cinepresa a mano, niente musiche, bianco e nero, luci, trucchi e filtri ottici, scenografie etc. Un manifesto che ebbe l’intento di sovvertire il cinema mondiale (e ci riuscì) e di riportarlo a uno stato di primigenia coinvolgendo altri colleghi danesi, non tutti all’altezza del capostipite. Cinema-verità o meglio cinema-verista, ribaltamento e per certi versi estremizzazione dello sperimentale F COME FALSO – VERITA’ E MENZOGNA di Orson Welles. Nel ’96 Von Trier si impose a Cannes e di riflesso in tutto il mondo con LE ONDE DEL DESTINO, stupendo melodramma spirituale e scioccante, una prova generale del Dogma. Due anni dopo fu la volta di FESTEN del sodale Thomas Vinterberg e di IDIOTI – IDIOTERNE, storia di un gruppo eterogeneo di amici annoiati e in vena di provocazioni che riunitisi in una villa di Copenaghen decidono di mettere in atto un’opera di sabotaggio morale e sociale nei confronti dei cittadini…fingersi idioti. Ciascuno di loro in diverse occasioni ripropone tutti gli stati dell’handicap con le conseguenti reazioni della gente comune, mettendo in crisi e a repentaglio perbenismi e ipocrisie quotidiane. Le motivazioni che muovono i protagonisti della vicenda non sono solo riconducibili alla noia, al gioco e alla voglia di trasgredire, nel caso di Karen che ha perduto un figlio è qualcosa di più profondo e inspiegabile. Se l’andamento e lo svolgimento dei fatti possono suscitare disgusto, irritazione e per qualcuno perplessità, il finale duro e radicale giustifica l’assunto iniziale. Il cinema di Von Trier non conosce vie di mezzo, prendere o lasciare, il suo stile può non piacere ma non lascia indifferenti, ha squarciato la convenzionalità e i conformismi del cinema europeo. E non è poco. Il Dogma è stato abbandonato al momento giusto senza aspettare la saturazione o la consunzione naturale, i tentativi di imitazione persino italiani sono tramontati subito. Provocatore sì ma non furbo il regista ha commutato l’originalità di stile e pensiero in un discorso di cinema più alto e più complesso che non si è piegato alle sirene del mercato e alle esigenze di spettacolo, DOGVILLE e MANDERLAY (personalissimi compendi sulle radici dell’America) sono lì a dimostrarlo.

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