Regia di Jacques Becker vedi scheda film
Un giovane detenuto viene cambiato di cella e i suoi nuovi compagni stanno organizzando una fuga. Il film comincia subito con una bella invenzione: un uomo spiega che quella che segue è la sua storia, raccontata dall'amico Becker. Per farlo il regista sceglie un ritmo e una descrizione esplicita quasi documentaristica, perfetta per rappresentare la quotidianità lenta e noiosa dei carcerati, la fatica e la pazienza necessarie per scavare il buco e fuggire di prigione. Questa lentezza (esasperata dalla scelta dell'assoluta assenza di musiche, se non nei titoli di coda) si risolve nell'immediato e spietato capovolgimento finale, che con la sola immagine della folla di guardie immobili di fronte alla cella ribalta tutte le fatiche e le speranze dei carcerati delle prime due ore di film. Ma il nuovo detenuto, la spia, è stato a sua volta ingannato, probabilmente, dal direttore, e dopo essere stato salvato dal linciaggio dei propri compagni di cella viene portato in un'altra. Lo accompagna l'addio più compassionevole che iracondo dell'organizzatore della fuga: "Povero Gerard...", comunque sprezzante di fronte alla debolezza dell'ex compagno che lo ha portato al subdolo tradimento dei compagni. E la potenza tragica di questa repentina inversione di scenario, dal miraggio della libertà alla disperazione subito contenuta perché cosciente di fronte alla forza maggiore del destino, è la stessa di quella del finale struggente di Rapina a mano armata di Kubrick.
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