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Zombi

Regia di George A. Romero vedi scheda film

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La recensione su Zombi

di scapigliato
8 stelle

Siamo soliti pensare che con l'alba sparisca l'angoscia e a volte il terrore della notte. Per George Romero non è così. Piuttosto, le primi luci dell'alba mostrano l'orrore partorito nel buio, dove tutto si confonde, e rischiarando le menti mostra il fatto reale così com'è senza lasciar spazio a fraintendimenti o scherzi wellsiani.
Il capitolo più politico della tetralogia, perchè "Land of the Dead", che è dichiaratamente e palesemente politico, ha comunque molta più azione e più cinema del film in questione, s'incentra maggiormente sulla riflessione uomo/zombi nell'era del consumismo. Senza addentrarsi in percorsi più grandi di noi, è facile abbinare ai morti viventi le nostre vite stanche, drogate del business e degli acquisti tutti e subito, come in eterni periodi di saldi. E' questo ciò a cui stiamo andando in contro: ad un futuro di uomini massificati, senza più individualità. Tutti assoggettati alle stesse ed uniche regole, fuori dalle quali non si è nessuno, e nessuno ci considera, perchè non appariamo. La pena è il dimenticatoio, l'incomunicabilità, l'isolamento. E dopotutto, l'isolamento è anche ciò che vivono i quattro personaggi del film. Si rinchiudono in una torre d'avorio, certi di un futuro ostile, ma appena il "prodotto" e la merce diventa di loro dominio, e quando cominciano a provare gusto ad uccidere, ecco che molti orizzonti si perdono, si annebbiano, e l'uomo diventa zombi, o meglio, morto vivente come il regista ha voluto giustamente battezzare i suoi mostri nel '68.
Va ricordato che Romero non vuole fare film di paura. Lui utilizza l'horror come veicolo per le proprie intenzioni. Questo perchè l'horror di suo è ribellione, è contestazione e anticonformismo. Se vuoi dire al mondo che il mondo si sta distruggendo da solo, devi rappresentare ciò che disturberebbe di più la gente: la distruzione del mondo. Fuor di metafora: disgustare, inorridire, provocare anche gratuitamente gli assopiti massificati che zombificano tra le strade di tutti i giorni. Non è infatti difficile parlare di Doppio per questa tetralogia. Perchè se da un lato noi ci rivediamo nei sopravvissuti minacciati da dei mostri, allo stesso tempo, la critica feroce del regista, ci paragona proprio agli zombi. Quindi il morto vivente, come è meglio dire, è il doppio dell'uomo. E' quello che la sua parte più nascosta non gli mostra, o peggio ancora è quello che un giorno sarà se continuerà così.
Certo l'azione non manca, e la frenesia e isteria dei minacciati si respira fino alla fine, ma essendo questo il capitolo più politico e più teorico, perde qualche punto nella resa finale.

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