Espandi menu
cerca
1997: Fuga da New York

Regia di John Carpenter vedi scheda film

Recensioni

L'autore

maso

maso

Iscritto dall'11 giugno 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 180
  • Post 3
  • Recensioni 828
  • Playlist 186
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su 1997: Fuga da New York

di maso
10 stelle

 

 

 

Uno dei cult assoluti degli anni ottanta, e di John Carpenter, in cui la visione di una New York devastata ridotta allo stato di enorme prigione a cielo aperto popolata da delinquenti e punk armati lanciava una critica precisa verso il crescente degrado della città in quegli anni, oltre a presagire in chiave pessimistica un possibile futuro di totale decadenza con la incombente minaccia della guerra nucleare.

L'espediente dell'aereo presidenziale dirottato e poi precipitato all'interno della città carcere è perfetto per avviare la storia nel corso della quale il mcguffin del nastro magnetico con importanti informazioni sugli sviluppi dell'energia nucleare assumerà un aspetto fondamentale fino all'ultima sequenza.

Il protagonista assoluto è però Jena Plinsky con la benda sull’occhio sinistro, l’incaricato di ritrovare il presidente per riportarlo fuori da Manhattan vive nella prova epica di Kurt Russell per quello che lui stesso dichiarerà essere il suo personaggio preferito, Carpenter gli piazza una bomba ad orologeria nelle coronarie per creare una suspance da conto alla rovescia ansiogena e incalzante, una specie di ricatto mortale perché se Plinsky non riporterà alla base il presidente e soprattutto il nastro non verrà immunizzato dalle capsule esplosive, deve lottare anche contro il cronometro che gli impone di compiere la missione entro ventitré ore altrimenti le capsule si scioglieranno facendogli scoppiare il cuore.

Kurt Russell è troppo bravo in questo ruolo: l’ostinazione nel voler sopravvivere schizza fuori da quell’occhio destro in diverse situazioni, anche le più disperate come quando il duca mette mano alla freccia conficcata sulla sua coscia, o quando guarda il cronometro per verificare se è in tempo per essere ancora vivo, intorno a lui si mettono in mostra una serie di caratteristi indiscutibili come Donald Pleasence nel ruolo del presidente che si scatena inaspettatamente alla fine, Lee Van Cleef ed Harry Dean Stanton ma un valore aggiunto è soprattutto il set perfettamente ricostruito di una New York post atomica che ha influenzato una carovana di film di tutte le categorie.

Le strade piene di immondizia e carcasse d’auto, i muri ricoperti di murales e una fauna di punk e straccioni variopinti dal fare minaccioso sono magistralmente tratteggiati dal genio di John Carpenter, padrone del suo film a tutto tondo musiche comprese con le tipiche tastiere taglienti per una soundtrack indimenticabile e di grande atmosfera che si posa magicamente sulle cupe immagini del film nel quale non c’è mezzo fotogramma catturato con la luce solare.

La mia scena preferita è stranamente una che non coinvolge Plinsky: è quella in cui Mente fa fuori a bruciapelo Romero che muore con mia grande soddisfazione come una lucertola infilzata producendo un lamento e una smorfia quasi divertenti, è un personaggio che ho sempre trovato repellente e poco minaccioso per quanto lo voglia sembrare; un’altra scena molto bella è quella che spiega perché Plinsky è stato arrestato, non è stata inclusa nel montaggio finale forse perché ininfluente ai fini della storia e perché ha una forma e una luce che non si intonano con il resto del film: si vede il protagonista con un complice mentre rapinano silenziosamente una futuristica banca, vengono ripresi in soggettiva finché il campo si allarga e sono braccati sulla banchina della metropolitana da un folto numero di agenti di polizia, il tutto ricorda vagamente l’atmosfera asettica di “L’uomo che fuggì dal futuro” di George Lucas fra ascensori e cunicoli sotterranei futuristici.

L’ultima scena girata è l’inquadratura fissa di Maggie che Carpenter filmò nel suo garage perché non si era reso conto, finché non vide un primo montaggio del film, che il destino di quel personaggio non era chiaro agli occhi del pubblico.

Se osservate i labiali di Russell vi accorgerete che il suo nome è Snake ma nella versione italiana è diventato Jena, mentre in Corea lo hanno ribattezzato Cobra come il tatuaggio che ha sulla pancia.

 

 Kurt Russell e John Carpenter sul set di 1997 Escape from New York

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati