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1997: Fuga da New York

Regia di John Carpenter vedi scheda film

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La recensione su 1997: Fuga da New York

di callme Snake
10 stelle

Siamo nel 1981, ma lo schermo ci dice che è il 1997, secondo la miglior tradizione distopica. Una fulminea e fulminante introduzione ci informa che New York è divenuto un carcere di massima sicurezza per indesiderati e criminali. L'America "libera" è uno stato militare, repressivo, fascista.
Un aereo con a bordo il presidente ("presidente di che?" apostroferà il nostro antieroe...) e un importante nastro legato alla guerra mondiale in corso (la terza?) cadono sull'isola-carcere di Manhattan, governata da un manipolo di criminali, parodia e specchio del potere ufficiale: essi sono altrettanto violenti e ingiusti dei militari e dei politici, ma a questi preferibili in quanto privi della maschera del perbenismo e dell'autorità (come si intuisce, Carpenter non risparmia nessuno, non è un populista né tantomeno un buonista).
Un uomo catturato nel posto sbagliato e al momento sbagliato (come Napoleone Wilson, nato fuori tempo massimo), una volta facente parte dello stesso sistema a cui ora si ribella (senza tante chiacchiere ideologiche a dir la verità), viene incaricato di recuperare il presidente e il nastro: se non lo farà delle microcariche esplosive gli faranno saltare le vene. Riluttante e incazzato Snake Pliskeen accetta l'incarico e si trova ad affrontare una serie di prove per raggiungere il suo scopo...
Sconcertante fumetto apocalittico, perfetta simbiosi di archetipi, stereotipi, generi, citazioni, immaginari, tutti piegati allo stile elegantissimo e raffinato di John Carpenter. Un concentrato di intelligenza filmica che nemmeno il Leone del Buono, Il Brutto e Il Cattivo, citato e legato dal volto e dal carattere dell'arcigno Lee Van Cleef, già malato durante le riprese, eppure in grado di riprendere splendidamente il ruolo del guardiano del carcere bastardo e interessato interpretato nel western con Eastwood: il ruolo di uno Snake Pliskeen che invece di ribellarsi si è adattato al potere, divenendone parte integrante.
Sempre da Leone (quello di Per Qualche Dollaro in Pìù questa volta) viene lo scambio di battute finale tra Van Cleef e Russell, mentre il personaggio di Snake è pensato con un occhio di riguardo ai cavalieri senza nome eastwoodiani.
In Escape From New York c'è tutto quello che uno può desiderare da Carpenter: c'è l'ironia dissacrante anti-hollywoodiana e anarchica (ma lo stesso regista è restio nell'ammettere di essere tale: invece preferisce spacciarsi per capitalista, anche se poi il budget dei suoi film è molto più che ridotto!); c'è l'invenzione registica e la capacità di evocare grandi scenari con pochissimi mezzi, c'è il senso del ritmo e dei tempi che ha imparato dai maestri (ancora Leone; ma anche e soprattutto Hawks, Ford, Lewton, Arnold, Siegel, Peckinpah, Hitchcock). Ci sono i personaggi-limite perfettamente funzionali alla narrazione, le sue eroine (splendida Adrienne Barbeau, una donna con gli attributi leale e coraggiosa, in barba alla misoginia diffusa nel cinema, arte da sempre dominata da visioni "maschili"), i suoi fantasmi-zombi-brigate della morte che risorgono dal terreno per cibarsi di carne (doppia citazione romeriana: da La Notte dei Morti Viventi e da The Crazies, nome di questa banda di folli appunto), emblemi di una società che reprime e nasconde il diverso (come in Halloween), incarnato appunto nell'archetipo dell'Ombra, sempre presente in tutto il suo cinema.
C'è l'idea del film come intrattenimento prima di ogni altra cosa, anche se poi nei fatti i film di Carpenter sono sempre politici, sempre militanti, sempre "impegnati" (lui afferma che il cinema non è in grado di veicolare messaggi: al limite i film hanno tematiche. Per i messaggi c'è la letteratura, più capace del cinema in questo scopo); c'è la creazione di un'opera che è il prodotto della perfetta cooperazione tra amici-professionisti, che si divertono e investono se stessi nel film.
Ma poi è inutile andare avanti ad elencare i pregi di Fuga da New York, ognuno ci troverà quelli che preferisce. Altrimenti, come scrisse il compianto La Polla, "chi non sa godersi Carpenter, peggio per lui!". Amen.

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