Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film
Verhoeven tratta i suoi eroi di plastica come soldatini smontabili, in una fiera di corpi levigati e, si scoprirà atrocemente, "ripieni". Corpi ridotti a bersagli inerti, "la flotta pensi a volare che la fanteria pensa a morire". E lo spietato addestramento militare, viatico obbligato per il riconoscimento della cittadinanza, è magistralmente ritratto con un sarcasmo amarissimo (memorabile la battuta pronunciata da un vecchio veterano tetraplegico e pieno di protesi: "la fanteria ha fatto di me l'uomo che sono adesso"). La spettacolarizzazione esasperata del massacro qui non vuol certo essere una compiaciuta apologia del superominismo bellico (come alcuni interpreti disattenti hanno suggerito), quanto un atto d'accusa feroce e disperante verso ogni totalitarismo, il cui credo non può che tradursi in un "cannibalismo patriottistico" che prevede, al fine di facilitarne la digestione, una minuziosa opera di smembramento che, ancor prima che dei corpi, fà strazio delle menti.
Rutilante, visionario, ma anche amaramente ironico e iconoclasta.
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