Regia di Roberto Benigni vedi scheda film
Il primo tempo scorre via nell'incredulità: "ma che cos'è sta roba?" Risposta cinefila: "è il classico primo atto, finalizzato e propeduetico al secondo, necessariamente leggero per sottolineare il prepotente contrasto tra le due parti." Ah, ecco. E arriva finalmente il campo di concentramento. L'obiezione però sorge quasi subito: "ma, sbaglio o stiamo assistendo ad uno dei monologhi di Benigni? Divertente e arguto come (quasi) sempre, sì, ma il cinema non dovrebbe essere..." La replica è immediata e indignata: "Si è volutamente incentrata l'attenzione quasi solo sul protagonista proprio per maggiormente evidenziare l'inconcepibilità di quanto gli sta accadendo intorno, per delineare in maniera netta il confine tra vita e morte, tra finzione e realtà, per distinguere seccamente la razionalità del nostro viver comune e l'incomprensibile, irrazionale atrocità dell'Olocausto." Ah, ecco. Siamo ormai in dirittura d'arrivo: "qualcuno può spiegarmi perchè il soldato tedesco non ammazza Benigni sul piazzale (vedi un po' Schindler's List) e preferisca invece appartarsi?" La risposta giunge accompagnata da un sorrisetto indulgente: "è un tollerabile escamotage di sceneggiatura, un innocuo espediente politically correct che nulla toglie al senso generale." Ah, ecco. Siamo all'ultima inquadratura: stupiti per la scelta di chiudere su un fermo immagine del volto della Braschi, non facciamo nemmeno in tempo ad esprimere la perplessità che subito ci accorgiamo che forse non si tratta di un fermo immagine... o sì? Boh... "con quella non si capisce mai... sarà mica un'attrice?" Stavolta l'esperto sembra quasi accusare il colpo. Ma è solo un momento. "E' la moglie di Benigni."
Ah, ecco.
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