Regia di Taylor Hackford vedi scheda film
Film bellissimo, ma tremendo. Di certo, un capolavoro, ma destinato agli adulti.
A me tante scene hanno urtato parecchio, per la sovraesposizione del dolore. Ma ci stanno per due motivi: 1) sono situazioni realistiche, che possono accadere; 2) il lieto fine le “riscatta”, nel senso che sono solo una “visione”, non qualcosa che in quel caso è realmente accaduto. E questo porta un vantaggio eccellente: mostrare come la gran parte del male, con tutte le sue conseguenze anche orrende, dipende dagli uomini farlo o non farlo, con le loro scelte che si basano innanzitutto sui valori morali che gli stessi uomini hanno, valori che esercitano in libertà.
Uno dei pregi della pellicola, ma soprattutto del libro da cui è tratto, sta nel mostrare questo contrasto: tra il momento di euforia, grottesco, in cui si crede che tutta la propria felicità dipenda dai soldi che si hanno, e la conseguenza inevitabile, la sofferenza psicologica. Charlize Theron incarna con qualità eccelsa questo dolore, legato alla falsità che è pressoché obbligatoria se si vuole essere il più possibile, con coerenza, nel mondo capitalistico. “Si è sempre dentro una prova”. Impazzisce, alla lunga, e il dato più raccapricciante sta nel modo in cui il marito trascura l’angoscia della moglie. Dato che bisogna sempre far soldi, si può accettare, come un dettaglio da rimandare, la sofferenza che da ciò deriva? Per l’avvocato sì. Inoltre questi non fa questa schifezza solo per i soldi (ne aveva più di quanto ne bastavano, e ne avrebbe potuti avere anche in futuro, con le necessarie rinunce); ma lo fa anche e soprattutto per narcisismo. Per poter dire di “non aver mai perso”; “non patteggiare mai”; “non dover mai chiedere scusa”.
Poi è chiaro che lui si presta a difendere immani porcherie, a far passare pulito chi sa essere un delinquente. Una complicità nel male che è giustificata solo dal proprio desiderio di dominio sul mondo e dal denaro (infatti i clienti sono solo ricchissimi, quelli che si possono permettere tale avvocato). Un’alleanza che contribuisce al male nel mondo, nocciolo del capitalismo, che è sganciata da ogni morale: anzi consapevolmente contraria ad essa; l’importante è che nessuno abbia il potere di lamentarsi, anche quando ha ragione. In tal senso basta impedirgli di fare soldi, per impedirgli di organizzare a sua volta una difesa.
Le bugie e gli omicidi sono poi organizzati ad arte, per impedire che venga a galla una verità che ostacola il proprio disegno di potere: pazienza se tale disegno è consapevolmente e ostinatamente criminoso.
Al Pacino è superbo, come sempre, quando mostra questi aspetti, mentre si mostra uno coi piedi per terra (nonostante abbia costruito un potere enorme), umile nei confronti ci ciò che gli ha mostrato l’esperienza. E li mostra da padre “reale”, educando il figlio ad avere tutti gli elementi per conoscere le cause e le conseguenze di ciò che si fa, e lasciandogli la possibilità di decidere.
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