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Colazione da Tiffany

Regia di Blake Edwards vedi scheda film

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La recensione su Colazione da Tiffany

di scandoniano
8 stelle

“Colazione da Tiffany” è un film strano, in quanto attraversa durante il suo percorso differenti cifre stilistiche. La discrepanza tra la prima scena (quella in cui Holly si ferma, vestita di tutto punto, davanti alla vetrina di “Tiffany”, nella Fifth Avenue a New York, a fare colazione) e quelle immediatamente successive, in cui tutti la cercano e tutti la vogliono (per quello che “dà” ai suoi spasimanti), è l’emblema di come Blake Edwards sappia essere camaleontico e funambolico, ossia di come sappia controllare il pathos del film indipendentemente dalla salsa in cui intinga il profilmico. La stranezza di “Colazione da Tiffany” diventa così una peculiarità di cui vantarsi: visto il continuo alternarsi della sofisticated comedy col dramma quasi lirico, sapendo padroneggiare il livello del film in maniera esemplare.
Venendo alla trama, il film parla di una misteriosa donna (Audrey Hepburn), meravigliosamente bella ed elegante, ma dal passato oscuro. Di lei nulla si sa. Lo spettatore scopre assieme al suo nuovo amico, lo scrittore Paul Varjak (un George Peppard professionalmente al suo culmine), tutto ciò che la riguarda, scoprendo tutti insieme via via come la ragazza abbia esclusivamente bisogno d’affetto.
Le musiche da Oscar di Henry Mancini sono il corollario ideale ad una pellicola che si caratterizza per alcuni momenti da summa cinematografica, come la scena della ragazza imbelletta che chiama il taxi come farebbe un pecoraio, o come il “clinic” di raccordi di montaggio di quando la bella Holly canta la meravigliosa “Moon river” sulla finestra di casa, ascoltata da Paul, che si affaccia per guardarla…

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