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L'uomo che non voleva uccidere

Regia di Henry Hathaway vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che non voleva uccidere

di fixer
4 stelle

 

 

 

Sintetizzando al massimo, il Western può essere definito come un conflitto tra chi, per ottenere i suoi scopi, esercita la violenza e l’arbitrio e chi, per difendere i propri diritti, si difende, utilizzando, suo malgrado, anche il ricorso alla forza.

I primi sono, di solito, i fuorilegge, gli scapestrati, ma anche i potenti. I secondi sono, normalmente, gente perbene, commercianti, cowboys, bottegai, piccoli allevatori e contadini. I pellerossa non sono ascrivibili alla prima categoria, ma, semmai, alla seconda, in quanto difensori di diritti calpestati dai bianchi.

In questo film, il cattivo di turno, è un ranchero maturo, ma ancora in forze, Hunter Boyd, interpretato dal caratterista R.G.Armstrong.

Egli rappresenta il vecchio West. E’ il classico allevatore e possidente terriero, proprietario di un grande ranch, al cui servizio militano decine di cowboys. Questi grandi allevatori, un tempo avventurieri e pionieri, con le loro capacità, ma anche con la forza (e spesso con la protervia e la violenza) hanno gettato le basi di quello che sarebbe diventato un grande Paese. Essi, ormai giunti alle soglie della vecchiaia, sono diventati uomini rispettabili, benestanti e sono generalmente rispettati e temuti. Essi assumono mano d’opera, nominano gli sceriffi, condizionano la vita sociale ed economica della cittadina in cui risiedono. Non sono più dei fuorilegge, ora sono loro la legge. Hanno abbandonato il sentiero della violenza ed imboccato quello della legalità. Si tratta però di una condizione che non è sedimentata da generazioni di regole costituite, da vita democratica, da consapevolezza del primato della legalità. In loro, sotto la cenere di un’apparente adesione alla vita democratica, vive ancora la parte selvaggia, predatrice, violenta.

Quando si sentono minacciati o colpiti nei loro possedimenti o, peggio ancora, nei loro affetti, il vecchio avventuriero prende il sopravvento, deciso a liquidare le questione al vecchio modo, quello che lo ha reso grande e temuto.

Si chiamano Alec Waggoman (L’UOMO DI LARAMIE), Vincent Bronson (IO SONO LA LEGGE), RUFUS HANNASEY e il maggiore HENRY TERRILL (IL GRANDE PAESE) , IKE CLANTON (L’ORA DELLE PISTOLE)e così via.

Il conflitto qui è tra lui e uno strano individuo, ai limiti del non credibile. Ha lasciato la natìa terra per venire a cercare suo padre, che a suo tempo, dopo la guerra, invece di tornare a casa, ha preferito girovagare qua e là.

E’ un uomo semplice che rifiuta la violenza, detesta uccidere, dimostra un senso del pudore quasi esagerato, sembra non avere mai avuto prima relazioni amorose. Insomma, una specie di alieno precipitato in un mondo dove ancora si regolano i conti con la pistola.

L’incongruità della storia però sta nell’ambiguità del protagonista: da un lato, afferma di rifiutare la violenza, dall’altro, dimostra di essere un tiratore straordinario e quasi ogni suo colpo va a segno.

La credibilità del personaggio, quindi, fa acqua da tutte le parti. La sceneggiatura non riesce, malgrado qualche frase indovinata, a dare sostanza ad un racconto costruito a tavolino ma che non regge, una volta che i personaggi prendono forma.

Ci sono poi alcune incongruenze temporali che si fatica ad accettare (quando Tob arriva a Socorro, è passato pochissimo tempo, eppure a casa di Juanita, sembra siano passati molti giorni, visto che in famiglia da tempo si parla di lui).

Il vecchio Leffertfinger, che commercia con gli indiani, dice a Tob che con il fucile è secondo solo a lui, quando nulla lascia pensare che i due si conoscessero prima. La stessa Juanita, Diane Varsi, è pettinata e vestita come una ragazza dei tardi anni’50, cosa abbastanza improbabile per quei tempi.

Lo stesso Tob, come si diceva, è una contraddizione vivente.

Eppure, nonostante tutti questi punti deboli, il film ha qualche pregio.

Il messaggio simbolico di Tob è quello del crescente ricorso alla legalità e alla non violenza. Egli segna, in certo qual modo, il passaggio, la transizione da una società in cui regna ancora l’arbitrio a quella ove la legge (e con essa, la tolleranza, il rispetto delle regole) diventa elemento fondante della nuova società.

La comparsa di Tob simbolizza, in pratica, il diffondersi della nuova società americana dell’Ovest, quella dove, accanto a residui retaggi del vecchio mondo (che ancora oggi resistono, non dimentichiamolo), cominciano a circolare e sedimentarsi le nuove idee della civiltà portate dall’Est. Arrivano uomini di legge, giudici, maestri, insegnanti, amministratori onesti, imprenditori capaci e dalla visione prospettica. In breve, sta nascendo una Nazione.

E’ questo, a mio avviso, l’aspetto più interessante di questo film, per il resto abbastanza convenzionale.

Vi sono inoltre soluzioni pittoriche di rilievo, come nella scena iniziale (quella dei titoli di testa), quando, nella parte a sinistra dello schermo appare in primo piano una sella abbandonata, mentre tutto attorno è deserto. Ancora un simbolo dell’Ovest selvaggio e del tormentato passaggio verso il primato della legge.

 

 

 

 

 

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