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Anna Oz

Regia di Eric Rochant vedi scheda film

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La recensione su Anna Oz

di Aquilant
4 stelle

Opera dal fascino vagamente ipnotico, rappresa nell’angusta irrisolutezza di una spazialità obliqua ed indefinita, tesa a sospingere lo spettatore in una terra di nessuno dove il pesante alone di simbolismo artificiosamente creato finisce col risultare forzatamente soggetto agli alti e bassi umorali di una regia narcisistica e costantemente indecisa sulla giusta direzione da intraprendere. Ne derivano di conseguenza inevitabili sprazzi di sussultoria inquietudine riflessa cullata dall’eccessivo ondeggiare di un racconto che mira ad incastrare diligentemente le sue trame spiraliche l’una sull’altra, con l’inevitabile risultato di rimanere alla fine incagliato nelle paludi acquitrinose di un’insostanziale seppur carezzante incompiutezza.
Avvinta dalle fitte maglie di una (fittizia?) esistenza generata da sogni che a loro volta traggono il loro motivo di vita da brandelli di realtà aleatoria e sfuggente, l’epopea di Anna Oz, fumosa eroina dalla carica ambigua e dalla mente deviata, dotata dell'invidiabile dono dell'ubiquità, si consuma tristemente tra letti sfatti di una Parigi non ben identificata e le inquietanti disarmonie di una Venezia arcana, misteriosa, che rievoca antichi fantasmi vaganti all'ombra dei suoi canali, alla ricerca di un equilibrio narrativo di improbabile realizzazione, forzatamente inibito dalla stessa univocità di una storia la cui convenzionalità stilistica è opportunamente mascherata, dispersa in sterili trame sospese miranti unicamente a celebrare un incessante quanto sterile elogio delle doti interpretative di Charlotte Gainsbourg. Perennemente appiccicata addosso alla pur seducente protagonista, la macchina da presa finisce per perdere irrimediabilmente il bandolo della matassa, smarrita in un labirintico effluvio di scatole cinesi che si aprono e si richiudono a ripetizione rivelando dietro la facciata di una storia pretenziosa e volutamente ambigua lo sconcertante volto del nulla. E l’apparato fumogeno creato da Rochant è paragonabile alla fine ad una montagna che finisce col partorire il classico mickey mouse, creando oltretutto discutibili quanto esecrabili alternative al male oscuro di vivere. Ed allo spettatore non rimane altro che sorbire in silenzio la classica miscela sotto vuoto spinto.

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