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Gödel

Regia di Igor Kramer vedi scheda film

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La recensione su Gödel

di maurizio73
6 stelle

Scoperto e posticcio teatro dell'assurdo, quale piccolo universo degli oggetti, delle relazioni e dei sentimenti che riflette la perniciosa sfiducia del suo protagonista in un mondo fatto di verità incontrovertibili che tuttavia, come nelle sue formali dissertazioni logiche, non sono passibili di alcuna dimostrazione definitiva.

Gli ultimi giorni di vita del logico matematico Kurt Godel, nella casa di Princeton in cui vive insieme alla moglie Adele negli ultimi mesi del 1977. Affetto da una grave forma di disturbo ossessivo-compulsivo e da anoressia indotta dalle sue paranoie sul cibo, viene amorevolmente accudito dalla consorte; quando questa si ammala e viene ricoverata in ospedale, l'uomo si lascerà morire di inedia.

 

Risultati immagini per Gödel (2007) film

 

 

Improvvisazione di un personaggio cinematografico come attore di un personaggio cinematografico

 

"Questa piece puo' essere stata recitata da una persona esistente, un attore o un personaggio di finzione; un attore nel ruolo di un personaggio di finzione; un attore nel ruolo di un personaggio reale; un personaggio di finzione nella parte di un attore o di un personaggio reale; un personaggio reale nel ruolo di un personaggio di finzione o di un attore."

 

La vita di Kurt Godel è un formidabile soggetto da film: dimostra a soli 24 anni uno dei più importanti teoremi della logica matematica (Incompletezza); a 32 sposa, contro il volere della famiglia alto borghese, una ballerina di night di sei anni più anziana e perdipiù divorziata; a 36 fugge dall'Austria, appena annessa alla Germania nazista, per sottrarsi alla coscrizione militare e, attraverso un rocambolesco viaggio che attraversa tutta la Russia in Transiberiana, raggiugge in nave prima il Giappone e quindi gli Stati Uniti. Stabilitosi a Princeton, diventerà titolare di una cattedra all'Institute for Advanced Study, prenderà la cittadinanza americana e diventerà amico e confidente di Albert Einstein. Del triste epilogo della sua esistenza s'è già detto in sinossi. Di tutte queste vicende, costellate da miriadi di aneddoti e leggende che lo hanno consacrato come il prototipo del logico matematico eccentrico e idiosincrasico, non pare si sia mai occupato il cinema; né manco ovviamente se ne parla in questo corto indipendente di produzione olandese, che basa piuttosto la sua messa in scena sulla rappresentazione di uno scoperto e posticcio teatro dell'assurdo, quale piccolo universo degli oggetti, delle relazioni e dei sentimenti che riflette la perniciosa sfiducia del suo protagonista (equivalentemente attore, personaggio e persona reale) in un mondo fatto di verità incontrovertibili che tuttavia, come nelle sue formali dissertazioni logiche, non sono passibili di alcuna dimostrazione definitiva all'interno dell'universo assiomatico costruito dai muri di cartongesso, dall'illuminazione artificiale e dai fondali scenografici che lo circondano. Ovviamente nulla cambierebbe (come si suggerisce con civettuola saccenteria pirandelliana) se personaggi, contesto ed azioni fossero quelli delle persone reali che l'ambiguità sintattica della rappresentazione teatrale vuole evocare: il microcosmo di un autore-regista-demiurgo che, come il Dio della dimostrazione Godeliana, non solo non puo' non esistere, ma che vive, lotta, e si industria con noi, magari interrompendo il flusso degli eventi (sur)reali della piece teatrale nelle pause di lavorazione, per condurci nell'anfiteatro deserto di una sala di proiezione dove due critici cinematografici rappresentativi del genere umano (un maschio ed una femmina) ci espongono sinteticamente la loro esegesi sul film in questione. Nel cortocirtuito emozionale tra realtà e finzione, si gioca non soltanto il gusto del paradosso che scaturisce dalla messa a dimora della consistenza degli universi logici cari all'autore (siano essi la vita di tutti i giorni o il suo scimmiottamento meta-cinematografico: perfettamente indistinguibili l'uno dall'altro in quanto la reale consistenza puo' stabilirsi solo al di fuori di essi, scoprendone i meccanismi con uno smaccato coupe de teathre), ma anche e soprattutto il dramma di un uomo (e qui veniamo allo specifico drammaturgico più proprio della settima arte) che si consuma tra l'indecibililità sulla bontà di un un universo compatto e rotante a forma di arancia ed il rapporto simbiontico con la compagna di una vita che ne ha garantito il sostentamento fisico. Una storia d'amore che sembra colorare l'universo grigio e opprimente di un uomo di genio prigioniero delle sue astrazioni e dei suoi rituali e che, varcata la soglia della coscienza suprema, risponde alla moglie che lo culla morente: Adele, ccá nun ce sta nisciuno!...

 

Questo film è falso...

 

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