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La Marchesa von...

Regia di Eric Rohmer vedi scheda film

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La recensione su La Marchesa von...

di alan smithee
10 stelle

Presso una città italiana di cui ci viene enigmaticamente solo riferita la lettera iniziale (M), in una osteria alcuni clienti ironizzano su un annuncio-farsa in cui la figlia del Governatore della città, ancora giovane ma già vedova e con due bambini al seguito, invita colui che l’ha resa donna incinta, a farsi avanti promettendogli di sposarlo.

Poco dopo si ritorna indietro di qualche mese, ai tempi dell’avanzata russa ai confini della città con l’intento di assediarla.

I nemici hanno la meglio, le forze nemiche cingono le mura ed invadono il palazzo del Governatore: la famiglia del marchese deve fuggire, ma alcuni soldati si avventano sulle donne. Li ferma un cortese ed educato conte russo, che impedisce la violenza in particolare sulla figlia del marchese. Costui si arrende al nemico e grazie all’intercessione del conte, viene destituito ma senza umiliazioni.

Qualche mese dopo il conte, che si riferiva morto in battaglia, torna in città dal marchese per chiedere la mano della ragazza, che nel frattempo si scopre incinta, tra la vergogna e l’imbarazzo della famiglia, che la ripudia costringendola a vivere in una dimora di campagna.

E’ in quel momento che la donna, disperata e sinceramente inconsapevole di come dare spiegazione al suo stato interessante, si accinge a scrivere l’appello accorato che suscita tanta maliziosa ilarità sul popolo.

Risponderà una persona, che si rivelerà proprio essere il conte, emblema di signorilità e pudore, coinvolto in quella sporca faccenda e per questo avvilito e sinceramente dispiaciuto, pronto a tutto pur di riparare il danno fatto, oltre che sinceramente innamorato della donna, che invece inizialmente affronta molto male la sorpresa, accettando un matrimonio riparatore solo per riconciliarsi col padre, ma finendo poi per cedere alle maniere accurate e sincere del marito, che finirà per essere perdonato, e destinatario di una ammissione gratificante da parte della donna: “Non mi saresti sembrato un diavolo se, alla tua prima apparizione, io non ti avessi preso per un angelo”.

Gran Prix speciale della Giuria al 29° Festival di Cannes, nonché film che rivela al pubblico internazionale in modo definitivo Eric Rohmer, che traspone fedelmente l’omonimo racconto di Heinrich von Kleist, mantenendo i dialoghi formali eppure davvero splendidi e accorati che rendono coinvolgente e quasi trepidante la vicenda morale della presa d’atto di un grave errore, di un misfatto greve quanto odioso, ma che nasce da una passione.

Il gran regista francese ci incanta raccontandoci di come un umile pentimento riesca a dirimere le più spinose ed apparentemente irrisolvibili problematiche che sconvolgono una società ed una classe sociale legata più di ogni altra ai pregiudizi e alle regole di una etichetta comportamentale che non può transigere né abbandonarsi al perdono.

E avvince la potenza e la dignità di una donna che sfida l’ilarità e le bassezze di un umorismo facile e biecamente popolare per rivendicare una purezza che si mantiene nonostante le apparenze.

Dal lato della parte del male, Bruno Ganz, davvero ottimo (lo doppia egregiamente un Ferruccio Amendola in gran forma), riesce ad infondere una umanità ed una naturalezza ad un uomo pentito e distrutto dal dolore, a cui non è francamente ipotizzabile riuscire a volere male.

Ancora slegato dalle serialità che coinvolgeranno il maestro francese nelle sue future riuscite disquisizioni sull’amore contemporaneo, La Marquise Von O. rimane uno dei migliori film di un regista che di fatto non ha mai sbagliato un opera, pur rimanendo sempre legato in modo sin ossessivo ai crucci, alle tragedie piccole e grandi, legate all’amore e, più in generale, ai sentimenti dei giovani.

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