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Trainspotting

Regia di Danny Boyle vedi scheda film

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La recensione su Trainspotting

di barabbovich
6 stelle

Merda. E vomito. E cazzi a fette. E sudore. E pornografia. E piscio. E bambini lividi e morti. Con i toni pulp ormai propri di un genere degli anni '90 che annovera numerosi pezzi (basterebbe citare Le iene di Tarantino, Le notti selvagge di Collard, Killing Zoe di Avary, L'esca di Tavernier, Le buttane di Grimaldi, Butterfly kiss di Winterbottom e L'odio di Kassovitz) Boyle tratteggia con algida crudeltà l'esistenza disperata e tutta imperniata sulla droga di cinque ragazzi nella Edimburgo degli anni '80. Il quotidiano dei cinque è costellato di lacci emostatici, incubi da astinenza, scazzottate da bar, sesso disperato, tradimenti reciproci, Aids. Al punto che uno di loro opterà per una mediocrità borghese che assume a proprio manifesto il tepore domestico delle festività natalizie. Ma qual è l'escatologia di questo film scatologico tratto dal romanzo dello scrittore di culto Irvine Welsh? Convinto dell'eloquenza di quanto mostrato, il regista di Piccoli omicidi tra amici lascia parlare le immagini, mettendo in fila il Kubrick di Arancia meccanica e Bukowski, i Beatles e Iggy Pop, citazioni da Warhol e rimandi all'estetica da videoclip. Ne esce un prodotto visivamente ragguardevole, cinico e compiaciuto, segnato da tempi in cui - tuttavia - il virtuosismo tecnico supplisce con indulgenza eccessiva alla carenza di idee sul piano della sceneggiatura. Nella colonna sonora, brani di Brian Eno, Iggy Pop, Lou Reed e i Blur.  

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